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Grazia

– È arrivata! Ciao mamma, noi scendiamo…

Iniziava così ogni volta. Mia sorella, più grande di me, aveva imparato molto bene a riconoscere l’automobile di Grazia, la nostra madrina di battesimo. Era una Fiat 500 di un particolare blu scuro, ero piccolo allora e mi ricordo che quel macinino mi sembrava un’enorme melanzana di ferro montata su quattro olive nere. Con il suo fisico imponente da cantante lirica, Grazia ne era il ripieno.

Saltavamo sulla melanzana, io sul minuscolo sedile posteriore e mia sorella sul sedile anteriore, e iniziava l’avventura. Ricordo i gesti teatrali di madrina alla guida, con quanta misurata foga si avvinghiasse al piccolo volante, e il rumore sordo e tetro del cambio quando scalava le marce. Anche in quei gesti semplici, automatici, c’era qualcosa di musicale. Una piccola sinfonia d’orchestra per una donna che da anni calcava il palcoscenico del Teatro Regio di Torino.
A casa di Grazia ci aspettava sempre un succulento pranzetto a base di agnolotti, cotoletta alla milanese, macedonia e una fetta di torta. Menù fisso, un rito, un’eucarestia laica consumata con calma sotto lo sguardo di Mario, il marito di Grazia, nonché nostro padrino di battesimo.

Terminato il pranzetto rimontavamo sulla mitica 500 e, mentre mi perdevo a fantasticare osservando l’enorme adesivo di Grande Puffo incollato sul finestrino posteriore dell’auto, raggiungevamo il cinema per il primo spettacolo pomeridiano. Dei tanti film visti, ricordo La Spada nella Roccia della Disney. Credo fosse il 1988 e il film era nuovamente nelle sale per festeggiare i 25 anni della pellicola. Una cosa del genere.
La giornata di stravizi terminava con un gelato, consumato ai giardinetti a ridere dei cagnolini buffi e a ricordare le scene più divertenti del film appena visto. Giunti a casa, ci attardavamo a salutare Grazia per diversi minuti, nel goffo tentativo di prolungare ancora un poco quelle particolari giornate in cui mia sorella ed io provavamo un piacere senza vergogna nel sentirci iperviziati.
Poi la melanzana si richiudeva, ancora un saluto dal finestrino e Grazia ingranava la prima perdendosi poco a poco all’orizzonte. Pochi istanti e Grande Puffo tornava ad essere un miraggio lontano.

Un anno fa Grazia si è tranquillamente alzata da letto, dopo aver rigovernato casa è andata in farmacia per misurarsi la pressione. Perfetta. Eppure, poche ore dopo, un ictus le ha paralizzato completamente il lato sinistro del corpo e le ha lasciato la mente appannata.
Da allora vive in una casa di cura, accudita e amata da Mario che, nonostante l’età, trova la forza e il coraggio di andarla a trovare ogni giorno. Magra come non l’ho vista mai, parla ancora con una voce forte e profonda, perché si è cantanti liriche per tutta la vita.
Oggi sono andato a trovarla, mentre la vedevo rannicchiata nel suo letto l’ho pensata alla guida della sua mitica 500 quasi venti anni fa.