Questo sito contribuisce alla audience di IlPost

cattivamaestra

il blog di emanuele menietti

Il problema più grande di Facebook

16 Ottobre 2018

Qualche giorno fa ho fatto questo piccolo sondaggio su Twitter.

Le quattro aziende tra cui scegliere sono tra le più grandi e ricche al mondo, e trattano i dati di centinaia di milioni di persone, in molti casi miliardi. Prima ancora di fare “Twitta” sapevo che Facebook avrebbe ricevuto meno voti di tutte, ma non avrei immaginato che potesse raccogliere ZERO preferenze.

Tra i quasi 500 partecipanti al sondaggio, nessuno ha indicato Facebook come servizio verso cui avere fiducia quando si tratta di gestire i propri dati.

Ora vi vedo, lì davanti allo schermo, mentre storcete il naso, e in parte avete ragione. Un sondaggio su Twitter non è rappresentativo, le persone che hanno risposto seguono quasi tutte il mio profilo (grazie) e molte di loro hanno idee chiare su Facebook e privacy: come me, mantengono un certo scetticismo, diciamo. È però notevole che nessuno, nemmeno un bastian contrario, abbia scelto di indicare Facebook.

Che cosa ci dice il piccolo sondaggio? Che nessun PR del più grande social network al mondo mi segue, e non saprei bene come prenderla. Ma soprattutto indica quanta fiducia abbia perso Facebook negli ultimi tempi, soprattutto per quanto riguarda la privacy. Il dato empirico e alla buona del mio sondaggio è confermato da rilevazioni e studi molto più scientifici: le persone usano sempre meno Facebook, molti hanno disinstallato l’applicazione dai loro smartphone e c’è chi ha preferito chiudere definitivamente il proprio account, preoccupato dagli scandali recenti.

Intendiamoci, Facebook non è mai stato un servizio esemplare per la tutela della privacy. Nei suoi primi anni di esistenza, quando il social network aveva una prateria davanti a sé di opportunità e pochissime restrizioni legali (negli Stati Uniti le cose non sono cambiate molto, in Europa è andata meglio), Facebook si mise a raccogliere gigantesche quantità di dati sui suoi iscritti, cambiando a proprio piacimento le regole sulla privacy più volte, e permettendo alle applicazioni di terzi di attingere a quei dati, senza curarsi più di tanto di dove potessero andare a finire (il caso Cambridge Analytica ci dice qualcosa).

Nella migliore delle ipotesi, per anni ci fu una sottovalutazione del rischio, nella peggiore una scelta deliberata per massimizzare i ricavi, soprattutto derivanti dagli annunci pubblicitari personalizzati sui gusti degli utenti. Il motto dei primi tempi di Facebook, “Move Fast and Break Things”, col senno di poi era una premonizione del disastro in cui si stavano infilando Zuckerberg e i suoi. Da qualche tempo il motto è diventato un più soporifero “Move fast with stable infrastructure”, un riferimento all’affidabilità della struttura che tiene in piedi il social network, ma comunque distante dalle idee di “tutela” e “privacy”.

La recente introduzione del nuovo regolamento privacy dell’Unione Europea ha imposto a Facebook, come a tutte le altre società di Internet, di rivedere le proprie politiche sulla tutela dei dati personali, chiedendo – per esempio – consensi espliciti per il loro utilizzo. Poteva essere l’occasione buona per cambiare approccio e dimostrare una maggiore attenzione ai propri utenti, ma Facebook ha scelto una strada diversa, con schermate per rendere il consenso degli utenti una scelta pilotata (Google e Microsoft in questo non sono state da meno).

Tra settembre e ottobre, Facebook ha svelato di avere subìto un attacco informatico che ha interessato 30 milioni di utenti (inizialmente ne aveva stimati 50 milioni). Rapidamente scalzata da altre notizie, la vicenda non ha avuto il rilievo che meritava, nonostante fosse il più grande furto di dati noto nella storia del social network. Nei giorni seguenti Facebook ha infatti ammesso che, per circa la metà di quei 30 milioni, il furto non ha riguardato solamente le informazioni personali (nome, cognome, email, genere, religione, numeri di telefono, ecc), ma anche le attività svolte sul social network, compresi i luoghi in cui era stato fatto check-in (l’opzione per condividere la propria posizione sul social network). Pensate alle cose che cercate su Facebook e ai posti dove andate, a cosa dicono di voi, e ora immaginate che le stesse informazioni finiscano in una gigantesca lista assieme ai vostri dati personali.

Rischi sullo scambio di dati sottovalutati per anni, ripetuti scandali, l’invadenza di annunci pubblicitari sempre più personalizzati e ripetuti fallimenti nel migliorare le cose, nonostante le promesse, hanno portato a una maggiore sfiducia nei confronti di Facebook. Un numero crescente di utenti non si fida del sistema, non sa bene dove siano i suoi dati e chi li possa vedere, legge articoli sempre più critici e pessimistici (ok, con questo fa più uno) e finisce con l’usare sempre meno Facebook o cancella l’iscrizione, volgendosi verso altri social network che trova più semplici e amichevoli come Instagram, magari senza realizzare che quel servizio è comunque di Facebook e non è un mondo completamente a parte. Meno tempo trascorso sul social network significa meno ricavi con la pubblicità e un rallentamento della crescita, che ormai sembra essere inevitabile.

Questo naturalmente non significa che Facebook scomparirà o fallirà miseramente, o che Zuckerberg smetterà di essere di fatto il leader di un’entità sovranazionale con miliardi di iscritti in giro per il mondo. Condivido però l’idea che le classiche diffidenze verso un servizio che usa i tuoi dati siano diventate qualcosa di più, che quel rapporto di fiducia – per quanto labile – si sia rotto e non solo per i più attenti ai temi della privacy. Ricostruire quel rapporto è la vera sfida di Facebook, verso la quale sembra essere totalmente impreparato: negli anni ha raccolto e messo insieme formidabili manager per massimizzare la resa dei ricavi, senza che ci fossero grandi valutazioni sulle implicazioni di un servizio globale che mette ormai insieme due miliardi di persone. Non sarà sufficiente la tecnica per risolvere il problema o un’altra trimestrale con utili stellari.

Le prospettive non sono molto rosee. La mancanza di fiducia sembra avere contagiato gli stessi responsabili del social network. L’ultimo prodotto annunciato da Facebook, Portal, è uno schermo da tenere in casa per fare le videochiamate. Facebook ha deciso di venderlo con un tappino, che può essere messo davanti alla videocamera per essere sicuri che nessuno si metta a spiare nelle case degli altri. Te lo vendono direttamente insieme al loro prodotto, il tappino, perché chi si fiderebbe di tenere in casa un prodotto con una videocamera sempre collegato al loro social network? Già.

Posted in: internet e media Tag: facebook, internet, mark zuckerberg

Minacce spaziali che non lo erano

2 Aprile 2018

Se avete dato retta ai telegiornali e ad alcuni giornali negli ultimi giorni, ora potete stare tranquilli e uscire dai vostri bunker improvvisati in cantina: la stazione spaziale cinese Tiangong 1 è rientrata nell’atmosfera senza cancellare dalla faccia della Terra l’Italia. Secondo le ultime stime è finita nell’oceano Pacifico e non “poco sotto Lampedusa” o “in Emilia-Romagna” come era stato prospettato da alcuni articoli, che citavano solo le parti più sorprendenti (soprattutto se fuori contesto) delle valutazioni del rischio comunicate dall’Agenzia Spaziale Italiana e da altri ricercatori. A dar retta ai giornali, per giorni è sembrato che Tiangong 1 non solo dovesse rientrare nell’atmosfera sopra il nostro paese, ma che dovesse proprio caderci sopra, ignorando che la maggior parte della sua struttura si sarebbe polverizzata nei turbolenti passaggi tra gli strati atmosferici.

Tg e giornali hanno iniziato a parlare di Tiangong 1 settimane fa, con brevi servizi e articoli generici e di rado scritti da chi si occupa di divulgazione scientifica. I toni allarmistici hanno incuriosito qualcuno e preoccupato altri, che non avevano gli elementi o le conoscenze tecniche per farsi un’idea precisa (siamo un paese che non brilla per preparazione scientifica). La ricerca di nuove informazioni ha reso la storia della stazione spaziale cinese molto cercata online, rendendola un’opportunità per fare traffico, magari sparandola un po’ più grossa degli altri per rimediare qualche clic in più sul proprio sito.

In pochi giorni una cosa piuttosto innocua e ordinaria – come il rientro di un grande rottame spaziale nell’atmosfera, già successo in passato e senza particolare clamore – è diventata un classico esempio di notizia che si autoalimenta. I preoccupati e incuriositi hanno cercato nuove notizie, gliene sono state offerte di sbagliate o volutamente sensazionalistiche, la domanda di nuove informazioni da lettori sempre più inquieti è di conseguenza aumentata e così la quantità di articoli, dando l’idea che la Tiangong 1 fosse la storia spaziale del decennio. (Non lo era.) E i giornali hanno avuto un’enorme e centrale responsabilità in tutto questo con i continui riferimenti nei titoli a “rischio per l’Italia”, “è fuori controllo” e via discorrendo.

I comunicati generici e senza citazioni chiare dei bassissimi fattori di rischio – con dati e non semplici affermazioni come “eventi di questo tipo sono assai rari” – della Protezione Civile non hanno certo aiutato. Nella sezione “Norme di autoprotezione” veniva consigliato di “stare lontani dalle finestre e porte vetrate” e che “sono più sicuri i piani bassi degli edifici” per evitare di essere colpiti da qualche frammento spaziale. Queste informazioni sono state riprese dai tg e dai giornali fuori contesto, dando l’idea che fosse sopra l’Italia il punto dove sarebbe iniziato il rientro della Tiangong 1. L’eventualità che ciò accadesse era remotissima, e ancora più remota quella che qualcosa arrivasse al suolo.

L’unico vero elemento allarmante di tutta questa storia è il pressappochismo di buona parte dell’informazione nel nostro paese, che raggiunge spesso il suo apice proprio con le notizie scientifiche. Il giorno che davvero qualcosa minaccerà di cadere sul nostro paese e creare danni, con quale credibilità ce lo racconteranno quegli stessi giornali? Nel bene e nel male, oltre a raccontarlo, i media formano un paese e l’idea che hanno di quel paese le persone che lo popolano. Il danno che il giornalismo scarso e approssimativo sta facendo a tutti noi è enorme, molto più serio di qualsiasi rottame spaziale.

Posted in: giornali Tag: spazio, tiangong 1

“Quando vado in guerra, lascio tutto in ordine a casa”

3 Marzo 2018

Mi chiamava per nome, ma mi dava sempre del lei, per tenere la giusta distanza tra professore e studente. Alto e magrissimo, eppure con un vocione da baritono, a ricevimento mi raccontava aneddoti e storie incredibili sulle sue esperienze da inviato di guerra, come se fossero le cose più naturali e normali al mondo, non così diverse dall’aspettare il tram alla fermata. Mimmo Càndito fu il primo a dirmi di perseverare con il giornalismo, a mettermi alla prova e ad avere sempre qualche consiglio da suggerirmi, talvolta ruvidamente e senza tanti giri di parole.

Un giorno, ascoltando da un amico le sue frustrazioni per il fatto che il suo relatore fosse sfuggente e non rispondesse mai alle email, raccontai quanto fossi soddisfatto del mio, forse perché non era un professore come gli altri e faceva il giornalista in giro per il mondo. Rispondeva sempre, anche dai posti più impensabili:

Da: Mimmo Càndito
Oggetto: Tesi Menietti
Data: 25 giugno 2004 07:08:39 GMT +02:00
A: Emanuele

caro emanuele, la ringrazio per il msg. lo leggo oggi da una postazione di fortuna in kazakhstan. non mi pare ci siano problemi per la sua tesi. in bocca al lupo.
mc

Dopo l’università ci perdemmo di vista, giusto qualche mail ogni tanto, ma era sempre un piacere ritrovarlo sulle pagine della Stampa. Oggi, per ricordarlo, sono andato a rileggermi come si raccontò qualche anno fa nel libro Il braccio legato dietro la schiena, penso che le sue parole siano il modo migliore per ricordarlo e ringraziarlo, ancora una volta.

Ho cominciato a sentirmi giornalista a 17 anni, quando con altri ragazzi, a Reggio Calabria, fondammo un mensile, “Calabria ’61”. Erano presunzioni adolescenziali, ma mi disegnarono un percorso di vita. Comunque, prima di diventare davvero un giornalista, ho fatto il contadino nello Yorkshire (per imparare l’inglese), l’operaio metallurgico a Düsseldorf (per vivere l’esperienza degli emigrati), l’impiegato comunale a Genova (per mantenermi agli studi) e l’abusivo a “Il Lavoro” (per poter andare gratis al cinema, come critico). Poi mi chiamarono da “La Stampa”, perché qualcuno leggeva quello che scrivevo sul “Lavoro”. Dissi che accettavo di lasciare il mare e andare a Torino soltanto se mi facevano viaggiare per il mondo. Incredibilmente, dissero sì.
In 35 anni di reportage senza frontiera ho raccontato i popoli del mondo, le loro storie, le speranze ovunque sempre nuove, e la tragedia della guerra, che non è affatto quella cosa che si vede alla tv.
Ho vinto parecchi premi giornalistici (e ne sono orgoglioso quasi quanto per i titoli da campione che, da ragazzo, vinsi nella scherma, nell’atletica e nella pallacanestro). Ho scritto alcuni libri. Insegno all’università.
Ho vissuto.
Volevo fare il giornalista per capire, e per aiutare e capire. Il primo obiettivo è stato un fallimento totale, al secondo mi ci sono forse avvicinato un po’, almeno a giudicare da quanto m’hanno scritto in questi anni molti generosi lettori.
Quando vado in guerra, lascio tutto in ordine a casa. Non si sa mai. E parto sempre con una paura fottuta. Come tutti.

Mimmo Càndito

Posted in: giornali Tag: giornalismo, mimmo candito

Le elezioni e la scienza

16 Gennaio 2018

Nonostante le promesse a ogni campagna elettorale, a dire il vero di solito piuttosto generiche e di rito, sul fare di più e meglio, gli investimenti pubblici per la ricerca scientifica in Italia continuano a essere piuttosto bassi, soprattutto se confrontati con quelli di diversi altri paesi europei. Di ricerca e scienza si parla poco in campagna elettorale, di solito con frasi fatte e generiche, salvo naturalmente non si parli di vaccini dove sembrano essere tutti espertissimi immunologi.

Il gruppo Dibattito Scienza, che ormai raccoglie quasi 5mila iscritti, ha preparato anche per le elezioni di quest’anno dieci domande rivolte ai principali leader e partiti che parteciperanno alle politiche del prossimo 4 marzo. Le domande sono state scelte e poi votate dal gruppo e spaziano dagli organismi geneticamente modificati agli investimenti sulla ricerca, passando per le politiche ambientali e – inevitabilmente – quelle legate ai vaccini.

Nelle edizioni precedenti, l’iniziativa ha ottenuto un buon seguito e soprattutto ha aiutato molti elettori a farsi un’idea più chiara su come la pensano leader e partiti su temi fondamentali, talvolta complicati, ma che ci riguardano tutti e dai quali dipende una parte importante del futuro di ciascuno di noi e del paese.

Le dieci domande preparate da Dibattito Scienza

  1. Quale ruolo hanno i dati e le prove scientifiche nell’elaborazione delle vostre proposte politiche? Adotterete strumenti e modalità di lavoro specifiche per favorire l’attuazione di politiche basate sulla scienza?
  2. Nel 2016 l’Italia ha investito in ricerca e sviluppo l’1,29% del PIL (dati Eurostat), contro il 2,03% della media UE. Vi impegnate ad aumentare gli investimenti in ricerca, adeguandoli agli standard europei? Quale obiettivo ritenete realisticamente di poter raggiungere e dove pensate di trovare le risorse necessarie?
  3. Quali politiche pensate di attuare per stimolare ricerca e innovazione tecnologica nelle imprese italiane? Quali politiche adotterete per spin-off, start-up e per il trasferimento tecnologico da pubblico a privato?
  4. Pensate siano necessarie iniziative specifiche per accrescere la cultura scientifica e informatica del nostro Paese? Se sì, quali?
  5. Ritenete che il Sistema Sanitario Nazionale debba offrire ai cittadini anche cure e terapie per le quali non vi siano evidenze di efficacia? Ritenete corretto che cure e terapie di non provata efficacia, come i prodotti omeopatici, siano vendute nelle farmacie?
  6. Qual è la vostra posizione riguardo alle politiche vaccinali? Ritenete adeguata la normativa attuale? Quali aspetti, eventualmente, cambiereste?
  7. Quali politiche pensate di adottare per la riduzione di smog e inquinamento atmosferico in genere?
  8. La legge contro il consumo del suolo langue da mesi tra Camera e Senato. Ritenete questo problema una priorità? In che modo intendete gestirlo?
  9. Siete favorevoli alla coltivazione di OGM sul suolo italiano? Dal punto di vista della ricerca, siete favorevoli alla sperimentazione, anche in campo aperto, di colture geneticamente modificate, soprattutto alla luce delle nuove tecnologie disponibili?
  10. Quali politiche adotterete per la produzione, il trasporto e la distribuzione di energia? Come pensate di conciliare il contrasto ai cambiamenti climatici con un adeguato approvvigionamento energetico del nostro Paese?
Posted in: scienza Tag: dibattito scienza, elezioni 2018

Pro Poste Italiane, contro il phishing

7 Ottobre 2017

L’altro giorno – dopo essermi ricordato di averne uno e di avere dei servizi in scadenza – ho aggiornato il mio account sul sito di Poste Italiane, restando piacevolmente sorpreso dalla nuova grafica e dall’interfaccia molto più pratica e veloce (ok, non ci finivo sopra da molto tempo). Controllando i miei dati, ho notato che per qualche accidente si era persa la mia email di registrazione, forse in seguito all’aggiornamento del sito, vai a sapere. Ho compilato nuovamente il campo per indicare un indirizzo di registrazione e istantaneamente mi è arrivata la scarna email che vedete qui sotto.

mail poste

La mail ha un oggetto molto generico, un testo di sette parole compresi i “distinti saluti” e un link sulla parola “qui” senza ulteriori indicazioni. Il lucchetto rosso barrato indica che il mittente non ha nemmeno criptato l’email. Anche se il messaggio era arrivato pochi istanti dopo l’inserimento del mio indirizzo email sul sito di Poste Italiane, ho esitato qualche secondo prima di cliccare su quell’anonimo “qui”. E se fosse una mail fasulla? Non sarà mica una di quelle classiche email che provano a rubarti i dati col phishing?

Ho controllato il codice dell’email, che il mittente fosse quello effettivamente indicato e soprattutto che il link su “qui” rimandasse verso il sito di Poste Italiane. Combaciava tutto e ho cliccato, completando la registrazione dell’email. Il servizio ha funzionato e non ho avuto problemi. Dopo mi sono però chiesto che senso abbia che le Poste Italiane mandino un messaggio di questo tipo, fatto in quel modo, senza ulteriori misure di sicurezza e tale e quale alle vagonate di mail fasulle che ricevono milioni di persone, spesso vittime del phishing. Perché non usare un sistema di doppia verifica con un SMS, per esempio? E perché non inviarti una mail di conferma quando hai verificato il nuovo indirizzo che hai inserito sul sito?

Ieri ho pubblicato su Twitter lo screenshot dell’email ricevuta da Poste Italiane, segnalando che potrebbe rendere più facile la vita a chi organizza il phishing.

questa è una mail di conferma di registrazione di poste italiane, poi dice perché quelli col phishing hanno vita facile pic.twitter.com/kCXgCgbaQv

— emanuele menietti (@emenietti) October 6, 2017

Quelli di Poste Italiane mi hanno gentilmente risposto dal loro account ufficiale, dicendo che l’email che ho ricevuto è un “tentativo di truffa”. Il fatto che lo stesso social media manager di Poste Italiane abbia difficoltà a distinguere uno screenshot di una mail genuina da un tentativo di phishing credo la dica lunga.

Considera che non si tratta di un'email di Poste Italiane ma di un tentativo di truffa.

— Poste Italiane (@PosteNews) October 6, 2017

Ps. Questo non è e non vuole essere una versione in digitale delle lamentele, a volte rumorose e pretestuose, che capita di sentire negli uffici postali. Negli ultimi anni le Poste Italiane hanno fatto un ottimo lavoro per rinnovare e migliorare i loro servizi online, anche dal punto di vista della sicurezza informatica. Ho segnalato questo post al CERT del gruppo, che ha proprio il compito di garantire che i sistemi informatici dell’azienda siano sicuri, per tutti.

Posted in: internet e media Tag: phishing, poste italiane

The Ballad of Milhouse and Yoko

28 Agosto 2017

Destinazione: casa in affitto su Airbnb in un posto sperduto nella penisola di Izu, Giappone.
Partenza: stazione ferroviaria, area dei taxi.
Diluvia.
Il primo tassista sembra uno di quei personaggi tonti e un po’ malvagi degli anime, tracagnotto, coi capelli a spazzola e un po’ unto. Gli mostro Google Maps, dopo essermi agganciato al WiFi di chissà chi, lui strabuzza gli occhi e si mette a ridere. Non c’è verso di andare fino a là, credo dica, mentre fa gesti a ripetizione per farsi capire perché non spiccica una parola d’inglese.
Andiamo avanti così per cinque minuti, gli mostro l’indirizzo, la mappa, il percorso suggerito da Google, perfino StreetView, ma niente. Lui ride. Entra in auto e ride, esce e ride, torna dentro parla alla radiolina e ride, esce si gratta la testa mi guarda e ride. Penso che dormiremo in stazione per sempre, che ormai è notte e amen è andata così, 10 chilometri tra le colline al buio un po’ a caso mica puoi farteli, in più la pioggia.
Dal nulla, o da una dimensione parallela migliore della nostra, arriva un’anziana signora elegantissima, che parla un ottimo inglese. Mi chiede qual è il problema, si mette a fare da interprete col tassista burlone, prova a tradurgli l’indirizzo, che comunque non è un vero indirizzo perché in Giappone non ci sono. Lui ride un po’ meno, ma non c’è niente da fare lo stesso, le informazioni su Airbnb non bastano per capire dove cavolo sia la casa.
Arriva un altro tassista, questo tutto serio e azzimato, ma ancora nulla. Ne arriva un terzo e niente, la signora è sempre più in ansia e preoccupata per il destino di una manciata di stranieri che ha appena conosciuto. Si chiama Yoko.
Yoko prova a telefonare a chi ci ha affittato casa, ma il numero su Airbnb non funziona e ai messaggi sulla app non risponde. Yoko allora chiama suo marito, poi gli dà il numero e mette giù. Mi richiama tra poco, dice, e infatti tre minuti dopo la richiama. Grazie immagino a conoscenze millenarie tenute segrete a noi sprovveduti occidentali, il marito ha trovato un altro numero, di un’amica dell’host. Chiamatela subito, ci dice Yoko, poi ci ripensa e chiama lei. Sarà passata mezz’ora dal primo contatto col tassista bislacco, che intanto ha lasciato perdere e se n’è andato.
L’amica dell’host capisce il problema, si becca anche qualche rimprovero da Yoko, credo, che poi me la passa. Ti mando un file con i passaggi da seguire punto per punto per arrivare alla casa, mi dice. E così arriva un PowerPoint con 17 slide con tanto di frecce e fotografie sulla strada da seguire. Lo mostro a Yoko, che tutta contenta ci ferma un taxi spiegandogli di seguire le istruzioni. Poi come era arrivata, Yoko se ne va, Mary Poppins in questa terra futuristica.

***

Il tassista è magro magro, con la cravatta e occhiali spessi, una versione giapponese di Milhouse Van Houten.
Sono seduto sul sedile del passeggero e gli mostro il mio iPhone con le istruzioni sopra. Anche Milhouse non parla una parola d’inglese, ma è molto volenteroso e consapevole di fare il lavoro più importante del mondo (ogni giapponese ha questa consapevolezza). Segue le istruzioni e mi fa gesto di far scorrere le slide, il telefono non lo tocca mai perché è mio, sarebbe un’invasione dei miei spazi. Solo che così non è pratico per niente, per lui. Provo a farglielo capire a gesti, ma niente: è tesissimo, in ansia da prestazione, suda nonostante la temperatura polare del condizionatore in auto. Quando fa un’altra volta il gesto col dito per farmi scorrere le slide, avvicino il telefono al suo dito, lui capisce, prende confidenza e inizia a fare da solo. Sorride, ma ha un po’ l’aria di uno che avrebbe preferito dire di no e non prendersi tutta quella responsabilità.
Continua a piovere, il taxi percorre strade sempre più inerpicate, Milhouse va piano, confronta le foto delle slide con la strada che ha davanti, ha qualche esitazione, accosta, poi riparte. Alla fine, stremato e dopo innumerevoli sbuffi di ansia, avvista la casa giusta. Gli facciamo un sacco di feste, gli lasciamo qualche yen in più, non capisce, gli scrivo l’importo diverso sul mio telefono e aggiungo l’emoji del regalo, e alla fine sembra felice, forse di avercela fatta più di tutto.

Era dai tempi di Fukushima che il Giappone non conosceva una crisi simile.

IMG_0203

Posted in: viaggi Tag: giappone

Fine vita

1 Luglio 2017

È interessante come una classe politica e dirigente, che in anni non è mai riuscita a produrre una legge decente su fine vita e testamento biologico, si sia sentita in dovere di commentare e strumentalizzare il caso di Charlie Gard, il bambino britannico di 10 mesi con una malattia incurabile per il quale è stata disposta la disattivazione dei sistemi che lo tengono artificialmente in vita. Ho scritto interessante e non sorprendente perché da tempo ci siamo abituati a leggere commenti ignoranti e disinformati su questo tema, basta pensare ai casi Englaro, Welby e a quello recente di DJ Fabo.

Fatico a comprendere la necessità di dire per forza la propria su un caso difficile e doloroso come quello di Gard, soprattutto dopo che si sono espressi con competenza medici, scienziati e tribunali, compresa la Corte europea dei diritti dell’uomo. Ieri la fotografia di Gard era sulle aperture delle homepage di quasi tutti i giornali italiani, mentre era assente in quelle dei principali siti d’informazione del Regno Unito (persino il Daily Mail, tabloid che ha seguito a lungo la vicenda, aveva la notizia molto in basso). È probabile che questa sovraesposizione sui giornali italiani abbia contribuito alla moltiplicazione delle dichiarazioni circolate ieri, con un interesse che avrei preferito riscontrare settimane fa quando per l’ennesima volta si sono arenati gli sforzi per produrre una legge sul fine vita in Italia.

Fatico ancora di più a comprendere perché il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, abbia pensato che fosse una buona idea scrivere questa cosa su Facebook:

Non riesco a togliermi dalla testa il pensiero del piccolo Charlie. Mi fanno paura i social quando diventano curve da tifoseria con persone che sparano certezze e urlano, non cerco facili like. Ma condivido uno stato d’animo, più che uno status: il dolore di quei genitori e di quel bambino mi rimbomba in testa continuamente. Mi sembra insopportabile per noi, figuriamoci per quella povera famiglia che vive queste ore così. Perché la Corte Europea dei diritti umani (diritti?) non ha concesso la cura sperimentale in America? Perché non consentire alla scienza un ultimo tentativo? Facciamo proteste ovunque per qualsiasi cucciolo, e facciamo bene. E un piccolo cucciolo d’uomo non valeva un’attenzione diversa delle autorità europee? Per una volta ho più domande che risposte…

Renzi è stato presidente del Consiglio ed è il segretario del partito di maggioranza che sostiene l’attuale governo, partito che ha sistematicamente fallito nel promuovere e sostenere in Parlamento una legge attesa da decenni per consentire a ogni cittadino di decidere in anticipo a quali cure rinunciare, le modalità per la sedazione palliativa profonda e nei casi più estremi il suicidio assistito. C’è un problema di credibilità, oltre che di opportunità, se scrivi quelle cose.

Magari non volevano esserlo e l’intento era un altro, ma le domande che pone Renzi suonano insopportabilmente retoriche e strumentali. Facciamo per un attimo finta che non lo siano e proviamo a rispondere.

“Perché la Corte Europea dei diritti umani (diritti?) non ha concesso la cura sperimentale in America?”
Charlie Gard ha una sindrome da deplezione del DNA mitocondriale, gli organuli che forniscono energia alle cellule. È una malattia genetica che porta a una debolezza estrema di tutti i muscoli, compreso il cuore, e che porta a seri danni a molti organi vitali e al cervello. Gard per mesi ha vissuto intubato e collegato a macchinari per potere respirare e per nutrirsi, perché non riusciva più a farlo autonomamente. I medici hanno seguito trattamenti e protocolli per alleviare le sofferenze del bambino, mentre i suoi genitori hanno comprensibilmente cercato qualsiasi alternativa possibile da provare nella speranza di salvarlo. Hanno scoperto che a New York si sta sperimentando – in laboratorio – una terapia che ha permesso di allungare la vita ai topi con una malattia analoga per qualche settimana. In laboratorio, sui topi. Gli stessi ricercatori che se ne occupano hanno detto che Gard non avrebbe tratto vantaggio da una terapia ancora sperimentale e mai testata sull’uomo. Il trasporto negli Stati Uniti avrebbe aggiunto ulteriori sofferenze a Gard, provato da mesi di terapia intensiva. I giudici della Corte hanno tenuto in considerazione tutti questi aspetti, le valutazioni degli esperti e le sentenze già emesse nel Regno Unito. È difficile e doloroso, ma hanno lavorato nell’interesse e a tutela dei diritti del bambino, per questo quel “diritti?” tra parentesi scritto da chi ha ricoperto uno dei massimi ruoli istituzionali in Italia e si candida a rifarlo è per lo meno fuori luogo.

“Perché non consentire alla scienza un ultimo tentativo?”
La ricerca scientifica passa per incredibili successi, cocenti sconfitte, anni di prove e improvvisi colpi di genio: come tutte le cose umane è imperfetta, ma negli ultimi secoli siamo diventati piuttosto bravi nel trovare procedure, verifiche e sistemi di controllo per attenuarne le imperfezioni. Suggerire di avere ostacolato la scienza nel caso di Gard significa non avere la minima idea di come funzionino la ricerca medica, le terapie e i protocolli di cura. Gard ha ricevuto assistenza medica per mesi, con farmaci e sistemi già testati per alleviare le sue sofferenze e provare a rallentare gli effetti della malattia; non si fanno “tentativi” tanto per fare. Nelle ultime settimane una risonanza magnetica e altri esami avevano dimostrato che il cervello di Gard aveva subito danni irreversibili, che nessuna cura e nessun “tentativo” sperimentale avrebbe potuto sanare.

“E un piccolo cucciolo d’uomo non valeva un’attenzione diversa delle autorità europee?”
Tralasciando il “cucciolo d’uomo” che preferisco leggere in un romanzo di Kipling e non in una dichiarazione del segretario del PD, il caso di Gard ha ottenuto tutte le doverose attenzioni da parte delle autorità sanitarie e giudiziarie nel Regno Unito. La Corte Suprema britannica ha scritto una sentenza molto articolata e con motivazioni profonde, in alcuni passaggi con un livello di umanità inedito per un’istituzione di quel tipo (essere asettici e distaccati in un caso come questo può suonare inumano, ma è un bene ed è essenziale, se sei chi giudica). Altrettanta attenzione è stata dedicata a Gard da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, che comunque non è “le autorità europee”, ma un tribunale internazionale che non fa parte dell’Unione Europea e di cui fanno parte molti stati, compresa la Russia.

Il post di Renzi era nella migliore delle ipotesi disinformato. Alla peggiore delle ipotesi preferisco non pensare.

Posted in: scienza Tag: charlie gard, fine vita, matteo renzi

Caldo record

24 Giugno 2017

Lista delle cose che sento e vedo da sempre nei servizi dei tg quando fa caldo.

La cronaca
– La colonnina di mercurio non andava così in alto da decenni.
– L’Italia resterà nella morsa dell’afa per giorni.
– Il caldo è record / insopportabile / spietato / rovente / non dà tregua.
– La città più calda è X, ma domani lo sarà Y.
– Le città da bollino rosso sono X e Y.
– Le temperature sono al di sopra della media stagionale.
– L’aria è soffocante.
– Altra giornata rovente.
– L’anticiclone porta masse di aria molto calda verso il belpaese.
– Le temperature si attestano.
– Il picco di x gradi a Y.
– Il caldo fa boccheggiare.
– Fa molto caldo.
– Fa molto caldo, ma è l’umidità il problema.
– Saremo alle prese con la canicola da nord a sud.
– Il caldo percepito è più alto di quello reale.

I consigli
– Non uscite di casa nelle ore più calde della giornata.
– Non state al sole.
– Tenete chiuse le finestre nelle ore centrali del giorno.
– Bevete molta acqua.
– Attenzione alle bibite gasate ricche di zuccheri.
– Niente alcol, la birra fredda illude di dissetare, dicono gli esperti.
– Mangiate molta frutta e verdura.
– L’anguria, si raccomandano i nutrizionisti.
– Lo sport nelle prime ore della mattina o la sera, dopo il tramonto.
– Bene gli integratori di sali minerali, ma con moderazione.
– Mangiate cibi leggeri.
– Il condizionatore sì, a patto di non stare troppo al freddo.
– Aprite il frigorifero il minor numero di volte possibile.
– Fate piccoli pasti leggeri durante la giornata, evitando i fritti.

Gli animali
– Anche i nostri amici a quattro zampe patiscono il caldo.
– Per il vostro Fido deve sempre esserci una ciotola piena d’acqua in casa.
– Secondo [associazione veterinaria] ogni estate muoiono [cifra indimostrabile] animali domestici per il caldo.
– I cani non sudano come noi.

Le immagini
– Tizio che beve da una fontanella.
– Tizio che si lava la faccia alla fontanella.
– Tizio che ficca la testa sotto il getto della fontanella.
– Tizio che rinfresca i piedi nella fontanella.
– Tizio che aiuta bambino a bere dalla fontanella.
– Cane che beve dalla fontanella.
– Cane che si scuote l’acqua di dosso dopo essere entrato in una fontana.
– Bambini che giocano nella fontana.
– Bambini che giocano a tirarsi l’acqua.
– Bambino che mangia un gelato.
– Anziani all’ombra su una panchina del parco.
– Anziana che si sventola con un ventaglio.
– Anziano in canottiera che si sventola con un giornale.
– Anziano che si asciuga la fronte con un fazzoletto.
– Anziano alla fermata del bus, con pantaloncini corti e calzini al ginocchio.
– Anziano che innaffia le piante.
– Anziani all’ombra al tavolino di un bar che giocano a carte.
– Anziani in un centro commerciale con aria condizionata.
– Anziani davanti a un ventilatore.
– Tizia che mangia un ghiacciolo.
– Tizio che affetta e serve un’anguria.
– Tizio che beve da una bottiglietta d’acqua.
– Termometro sull’insegna di una farmacia.
– Turista che si fa ombra con un ombrello.
– Turista col cappellino, meglio se sudato.
– Carabiniere/poliziotto in divisa che si terge il sudore.
– Bandiera che non sventola.
– Qualsiasi cosa inquadrata controluce col sole alto nel cielo.

C’è sempre speranza
– Nei prossimi giorni i primi temporali porteranno un po’ di tregua al nord / centro / sud.

Posted in: costume Tag: caldo, giornalismo, meteo, modi di dire

Sai tenere un segreto?

16 Giugno 2016

Ogni giorno ricevo decine di comunicati stampa per email, su qualsiasi argomento dalla nuova sedia di paglia con design d’avanguardia alle ultime dichiarazioni di un politico, passando per quella nuova app che dovresti proprio raccontare sul Post. La maggior parte finisce rapidamente nel cestino, ma con altrettanta rapidità ne arrivano altri: l’impressione è simile a quella del tizio che con un secchio cerca di buttare a mare l’acqua che si è accumulata sul fondo della sua barca fallata. In questo marasma ci sono comunque comunicati interessanti, e altri imperdibili: li riconosci dal mittente e dalla parola EMBARGO messa in bella evidenza nell’oggetto dell’email. Significa che dentro c’è una notizia importante e che chi la sta diffondendo ha scelto di condividerla in anticipo con me, e con decine di altri giornalisti, per capire di cosa si tratta e studiarsela un po’ prima dell’eventuale pubblicazione di un articolo in tema. Oltre a darti la notizia, quello che ti ha avvisato ti dice anche che non potrai pubblicare niente prima di un termine stabilito: si sta fidando di te e degli altri giornalisti che ha contattato, confidando che tutti manterranno il segreto.

Le notizie sotto embargo sono molto frequenti in ambito scientifico, proprio perché sono quasi sempre legate ad argomenti complicati da spiegare e che richiedono qualche giorno di preparazione per chi se ne occupa. Il termine dell’embargo coincide di solito con una conferenza stampa organizzata dall’istituzione scientifica o il centro di ricerca che ha fatto la scoperta: in questo modo, quando cade l’embargo, i giornali hanno già pronto un articolo da proporre ai loro lettori, si spera più accurato. Prima della scadenza, i giornalisti coinvolti si sentono e si confrontano sulla notizia, se necessario coinvolgono ricercatori ed esperti per avere qualche spiegazione in più. Come ha scritto Silvia Bencivelli, quando scade l’embargo siamo tutti soddisfatti e contenti per il risultato e per avere mantenuto il segreto, per avere dimostrato a chi ce lo ha detto che si può fidare di noi.

Quel rapporto di fiducia è fondamentale e delicato: basta che qualcuno sgomiti un po’ troppo e non rispetti una volta la scadenza per metterlo in discussione. Da inizio giugno sui giornali italiani è successo per due volte di fila che non sia stato mantenuto l’embargo, su altrettante notizie scientifiche importanti, legate allo studio delle onde gravitazionali.

Il 7 giugno la versione cartacea del Corriere della Sera ha pubblicato due pagine sui primi risultati ottenuti dall’Agenzia Spaziale Europea su LISA Pathfinder, la missione per dimostrare nuove tecnologie per costruire un osservatorio di onde gravitazionali direttamente nello Spazio. La notizia, a quanto mi risulta, era sotto embargo fino alle 12 del 7 giugno, quindi molte ore dopo l’arrivo nelle edicole del Corriere della Sera. (L’articolo di Carlo Rovelli è comunque molto bello e vi consiglio di leggerlo, tendo inoltre a pensare che non sia dipesa da lui la scelta di uscire in anticipo con la notizia.)

lisa-corriere

Ieri è successo di nuovo, questa volta sulla Stampa, che ha pubblicato un articolo sugli ultimi progressi raggiunti dagli esperimenti LIGO/VIRGO con una seconda rilevazione di onde gravitazionali, dopo la prima storica annunciata a inizio anno. L’articolo è stato pubblicato sul cartaceo nelle prime ore di mercoledì, mentre la conferenza stampa di annuncio della scoperta è stata tenuta da quelli di LIGO nel tardo pomeriggio. Altro embargo bucato. (Per Attilio Ferrari valgono le cose che ho scritto sopra per Rovelli.)

stampa-gravitazionali

Il meccanismo delle notizie scientifiche sotto embargo ha i suoi pregi e i suoi difetti, e ci sono dibattiti ricorrenti circa la sua opportunità o su sistemi per migliorarlo e adattarlo a un ciclo delle notizie che con Internet è diventato molto più rapido. Il fatto che se ne discuta non implica però che nel frattempo valgano regole diverse da quelle usate finora circa il rispetto delle scadenze e il mantenimento della segretezza. Chi se ne infischia di un embargo non fa uno scoop, non scopre una notizia che gli altri non hanno: arriva solo prima, ma perché durante la maratona ha preso la scorciatoia. Può essere squalificato e sospeso per qualche tempo, molte istituzioni e centri di ricerca lo fanno, ma ha intanto reso più precario il rapporto di fiducia tra la fonte e i giornalisti che ha scelto come interlocutori. Chi gli assicurerà che al prossimo giro qualcun altro non prenderà la scorciatoia?

Posted in: giornali, internet e media, scienza Tag: embargo, onde gravitazionali

Red Ronnie, i vaccini e la scienza

14 Maggio 2016

Ci ho pensato un paio di giorni prima di scrivere qualcosa su Red Ronnie e le cose false, e pericolose, che ha detto giovedì sera mentre era ospite di Virus su RaiDue. Non ne vale la pena, merita di essere ignorato, va dicendo le stesse idiozie da anni su Twitter, lascia perdere, piuttosto esci che c’è il sole, mi sono detto. Però ho continuato a pensarci e a provare un certo disagio, arrivando alla conclusione che un conto è se dici falsità scientifiche sul profilo di un social network, un altro è se le vai a dire in prima serata sulla Rai, parlando a un pubblico diverso e che non sempre ha gli strumenti per capire se quello che sta ascoltando corrisponde al vero (poi, certo, c’è in studio un conduttore apposta che dovrebbe aiutarti a capirlo, ma non è successo).

Se non ne sapete nulla, metto qui un pezzo del racconto di Roberto Burioni, medico tra gli ospiti della puntata:

Uno degli ospiti era il padre di un bambino autistico, un imprenditore, che ha affermato che l’autismo di suo figlio dipende dai vaccini. Pur rispettando il dolore di questo genitore, quello che ha detto è semplicemente falso.
La parola è quindi passata, per lungo tempo, ad un DJ in lieve disuso, Red Ronnie. Costui si è prodotto in uno sproloquio senza senso, mescolando vaccini, terapia Stamina, morti bianche (?), l’inefficacia del vaccino contro il vaiolo (qualcuno gli ha detto che grazie al vaccino il vaiolo è sparito?), pericolosità del mercurio (che non c’è più nei vaccini) e concludendo con l’affermazione che uno stile di vita sano, insieme all’allattamento materno, PREVENISCE (sic) le malattie.

Tra le altre cose, false e pericolose, Red Ronnie ha detto che la polio fu debellata prima del vaccino, e ha persino contestato le vaccinazioni contro il tetano dicendo che i bambini mica lavorano la terra. Il tetano, se lo prendi, è una malattia terribile, grazie all’introduzione del vaccino obbligatorio il numero di casi è precipitato.

Scusa, @RedRonnie, che dicevi del tetano? Pensa, il vaccino è obbligatorio dal 1963. Ti faccio un disegno @VirusRai2 pic.twitter.com/cVEYRxLkNP

— Marco Cattaneo (@marcocattaneo) May 13, 2016

La storia del legame tra vaccinazione trivalente e autismo è falsa, ed è dovuta a una delle più grandi frodi scientifiche dell’ultimo secolo, ma continua a essere raccontata e a causare seri danni. Solo di morbillo nel 2012 sono morte 122mila persone in tutto il mondo: 330 morti ogni giorno. Il vaccino trivalente rende immuni dalla malattia, e dalla sue complicazioni che possono essere invalidanti a vita.

Ricordate l’allarmismo sui media italiani tra il 2014 e il 2015 sui vaccini influenzali? Successe in seguito ad alcune morti sospette che si verificarono durante la campagna vaccinale, che poi si scoprì non erano legate ai vaccini. È praticamente impossibile stimare quale fu la portata della vicenda, ma sappiamo comunque che di influenza stagionale sono morte 160 persone, il più alto numero di casi dal 2010 – 2011. L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato un 20 per cento di vaccinazioni in meno nel 2014 – 2015 rispetto alla campagna di vaccinazioni del biennio precedente, pari a 2 milioni di vaccinazioni in meno. In Italia l’influenza è la terza causa di morte per malattia infettiva, dopo l’AIDS e la turbercolosi.

Le cose che ha detto Red Ronnie – e con lui qualche altro ospite – a Virus sono pericolose e irresponsabili perché complicano il lavoro già difficilissimo delle autorità sanitarie coi vaccini: convincere persone che stanno bene, e che hanno quindi una bassa percezione del rischio, a farsi iniettare qualcosa nel braccio o a farla iniettare nel braccio dei loro bambini. Per convincerle non ci sono leggi e obblighi che tengano, serve in primo luogo un rapporto di fiducia con le istituzioni sanitarie basato sulla corretta informazione e sulla trasparenza. Ci vogliono anni per costruire quel tipo di fiducia, ma per le persone meno informate o facilmente condizionabili bastano due minuti di falsità dette in prima serata da uno che mette i dischi per farla vacillare. Perché parla come te, dice cose semplici e comprensibili e meno complicate da capire rispetto a quelle delle ricerche scientifiche, ma con il difetto non trascurabile di essere completamente false.

Il problema non è Red Ronnie di per sé, ma chi ha deciso di invitarlo in una trasmissione per parlare di vaccini. Il problema è pensare che la scienza sia democratica, che per parlare di un argomento scientifico ci debba essere per forza il contraddittorio. Ecco, no. La scienza si basa su fatti, su dati e su esperienze ripetibili nel tempo, le opinioni non c’entrano niente. Se spieghi che è la Terra a girare intorno al Sole, non devi dare spazio a quello che è ancora convinto che sia il Sole a girare intorno al nostro pianeta. È liberissimo di dirlo ai suoi amici e di crederlo, ma la sua opinione non deve essere rappresentata per correttezza o completezza. Se crede in cose altrettanto false, ma con l’aggiunta di essere pericolose per la salute di tutti gli altri, non gli metti un microfono e lo inviti in uno studio televisivo.

Ora esco, ché c’è il sole.

rd-tw-06

rd-tw-05

rd-tw-08

rd-tw-07

rd-tw-01

rd-tw-02

rd-tw-03

rd-tw-04

Posted in: scienza Tag: red ronnie, vaccini
1 2 … 97 Successivo »
  • Visualizza il profilo di emenietti su Twitter
  • Visualizza il profilo di emenietti su Instagram

Articoli recenti

  • Il problema più grande di Facebook
  • Minacce spaziali che non lo erano
  • “Quando vado in guerra, lascio tutto in ordine a casa”
  • Le elezioni e la scienza
  • Pro Poste Italiane, contro il phishing
  • The Ballad of Milhouse and Yoko
  • Fine vita
  • Caldo record

Privacy • Cookie

Copyright © 2019 cattivamaestra.

Omega WordPress Theme by ThemeHall