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Torino sotto assedio

Quello che state per leggere è un post davvero speciale. Per ricordare i 301 anni della liberazione di Torino dal difficile assedio francese, ho chiesto a Piergiuseppe Menietti, attento e preparatissimo storico torinese, di raccontarci con parole semplici e comprensibili ciò che avvenne tre secoli fa in questi giorni. Scrittore di numerosi e validi libri sulla storia di Torino, nonché ottimo conferenziere, scoprirete che Piergiuseppe non ha smentito sé stesso.

Lo scorso anno Torino ha commemorato con una mostra, un convegno e altre iniziative il terzo centenario dell’assedio francese del 1706, conclusosi con la vittoriosa battaglia del 7 settembre.
Il 12 maggio di quell’anno, il Duca de La Feuillade, giovane e inesperto generale dell’esercito francese, mosse con 44.000 uomini contro Torino, difesa da 10.500 soldati. Verso le dieci dello stesso giorno, avvenne un’eclisse totale di sole e gli astrologi trassero un ottimo auspicio. Il sole, simbolo del Re di Francia Luigi XIV, spariva nel cielo mentre si rendeva ben visibile la costellazione del toro, simboleggiante la Torino vincitrice.

Fin dal 1701 il Ducato di Savoia era stato coinvolto nelle vicende della guerra di successione spagnola e, tra il 1704 e il 1705, il duca Vittorio Amedeo II aveva visto cadere nelle mani dei nemici francesi la maggior parte delle sue fortezze. Torino era però ben munita e intendeva resistere.
Le truppe del Re Sole, con l’appoggio di alcuni reparti spagnoli, iniziarono un assedio in piena regola circondando la città, dal Regio Parco alle Molinette, con due linee di fortificazione campale dette di circonvallazione e di controvallazione. Tra le due linee disposero gli accampamenti e utilizzarono le cascine intorno a Torino come alloggi per gli ufficiali, magazzini di viveri, armerie e depositi di munizioni.
La Feuillade guidò l’attacco alla capitale dal lato a ponente, commettendo un errore gravissimo: da quella parte la città aveva le fortificazioni migliori e, soprattutto, la Cittadella: una delle più potenti fortezze d’Europa, munita di una fitta rete di gallerie sotterranee scavate per prevenire gli attacchi nemici nel sottosuolo e per attivare volate di mina in grado di far saltare in aria i cannoni e gli apprestamenti degli assedianti.

La resistenza della città coinvolse direttamente anche la popolazione civile, che dimostrò coraggio e abnegazione. Molte donne si distinsero rischiando la vita nel trasporto di fascine e di gerle piene di terra per chiudere le brecce aperte dai cannoni nemici nelle mura della fortezza.
Il duello delle artiglierie procedeva senza posa, ma le volate di mine degli assediati continuavano a far saltare i cannoni degli attaccanti. Nella notte tra il 29 ed il 30 agosto una squadra di granatieri nemici tentò l’ingresso nelle gallerie della Mezzaluna del Soccorso per neutralizzarle, ma fu bloccata dall’eroico intervento di Pietro Micca. Il minatore ventinovenne non esitò a sacrificarsi per impedirne l’accesso.

La situazione in città era diventata difficile, soprattutto per la carenza di polvere nera; ma una nuova speranza giunse ad alimentare la resistenza dei torinesi: l’arrivo dell’armata imperiale alleata condotta da un comandante famoso, il Principe Eugenio di Savoia-Soissons, cugino di Vittorio Amedeo II.
Il 7 settembre, i due comandanti schierarono le truppe tra la Dora e La Stura con il fronte rivolto alla città. Dopo una breve, cruenta battaglia i Francesi furono battuti e obbligati a una caotica ritirata verso Pinerolo. Gli episodi salienti dello scontro si svolsero tra Lucento, la Madonna di Campagna e l’attuale Borgo Vittoria, il cui nome ricorda un’affermazione militare che fece scalpore in tutta Europa. In seguito ad essa, il Duca di Savoia divenne Re di Sicilia e volle commemorare il successo con la costruzione della Basilica di Superga, un capolavoro dell’architetto messinese Filippo Juvarra.

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+ La Città di Torino festeggerà il 301° anniversario della liberazione di Torino con numerose attività, qui il programma in dettaglio.