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Kefiah e draghi di latta

Il drago di latta sferraglia ormai in lontananza, sputando scintille su un tappeto ocra di foglie morte e marcite dalla pioggia.
Ancora una volta il 13 mi è passato sotto al naso, ma nulla potrà rovinarmi questa prima vera giornata di autunno, cupa e pungente come solo i primi freddi ai piedi dei monti di queste terre sanno essere. E invece.

– Scusa…
– Prego?
– Aspetti il tram?
(No figurati, quando piove mi piace sempre starmene zuppo d’acqua in piedi a non far nulla alle fermate dei tram… Mi trattengo)
– Eh, sì. Mi è proprio passato sotto al nas…
– Già, già capita. Posso disturbarti un momento tanto che aspetti?
(Ma che vuole questa?)
– Ok, dimmi pure.
– Ecco, cioè… la faresti un’offerta per i bambini ebbbbrei di Israele vittime di violenze palestinesi?
– Mah, potrei anche. Però, toglimi una curiosità.
– Tipo?
– Perché indossi la Kefiah e poi chiedi i soldi per i bambini ebrei?
– La kefi-che?
– La Kefiah, quel pezzo di stoffa che stai usando come sciarpa. Sai, da quasi un secolo è diventata l’emblema del nazionalismo palestinese.
– Ah, questa? (ridacchia) Naa, ma questa la uso solo perché oggi fa freddo…

Confusa, la ragazza.
Per mia fortuna arriva un altro drago di latta e mi toglie d’impiccio.