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Dietro l’obiettivo

Ci sono troppi fotografi nelle aree di Haiti colpite dal terremoto dello scorso gennaio? Osservando la grande quantità di scatti realizzati per raccontare l’immane tragedia del sisma, viene in effetti da chiedersi se sia opportuna la presenza di così tanti fotoreporter sull’isola.

Gli autori di Lens, il blog del New York Times dedicato al fotogiornalismo, hanno posto questa domanda ad alcuni fotoreporter, ottenendo una interessante gamma di risposte. Per alcuni è importante che sul campo siano presenti grandi quantità di fotografi per documentare al meglio le dimensioni della calamità, secondo altri invece un numero eccessivo di fotoreporter può rallentare i soccorsi o aumentare la ridondanza degli scatti realizzati, mentre per altri ancora la massiccia presenza dei fotografi potrà consentire di mantenere alta l’attenzione dei media su Haiti nel corso delle prossime settimane, quando i riflettori delle emittenti all news inizieranno a spegnersi.

Tra le numerose voci raccolte da Lens, colpisce quella di Christopher Anderson (Magnum Photos), che ha deciso di non raccontare con i propri scatti il terremoto di Haiti: «Non mi sono mai sentito a mio agio nell’occuparmi dei disastri naturali. Le guerre e le altre tragedie causate dall’uomo sono diverse. Ci sono problemi legati a ciò che è giusto e sbagliato, alla giustizia e alle ingiustizie, alle complicazioni politiche, eccetera. Ho l’impressione che la mia voce da osservatore abbia un senso. Ma con un terremoto o uno tsunami, non ho questo scopo. Non c’è bisogno di spiegare o contemplare qualcosa. C’è solamente l’immediata necessità per i fotoreporter di andare e raccontare ciò che è successo».

Terminato il primo momento di grande emergenza, inizierà la difficile fase della ricostruzione che fatalmente porterà con sé atti di grande altruismo e aberranti ingiustizie del tutto simili ai problemi che già affliggevano Haiti prima del sisma. Ora i fotoreporter sono tanti, forse troppi, ma quando alla rappresentazione della cruda cronaca subentrerà la necessità di realizzare scatti in grado di spiegare e denunciare i soprusi, qualcuno pronto a puntare l’obiettivo della propria macchina fotografica ci sarà ancora?