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Venticinque

La seconda guerra mondiale e la liberazione dal nazifascismo hanno profondamente segnato il nostro Paese. Alla Storia delle grandi manovre geopolitiche e degli accordi tra Stati si affiancano le centinaia di migliaia di storie di chi visse quei difficili momenti, lottando contro il regime o cercando di condurre normalmente la propria vita all’interno di un disegno molto più grande di cui spesso era difficile cogliere il senso.
In occasione della ricorrenza del 25 aprile, tempo fa raccolsi le testimonianze dei miei nonni paterni su quei giorni particolarmente densi di emozioni per una liberazione ormai sempre più vicina.

Ecco una breve sintesi dei loro racconti.

Lodovico (1919 – 2000)
Nato a Cuorgnè Canavese (TO) il 21 settembre 1919. Aviere scelto della Regia Aeronautica, reduce dal fronte Russo, nella primavera del 1945 è a Torino, impiegato presso l’Ispettorato del Lavoro.

La notizia dell’imminente fine del conflitto si diffuse il 24 sera. Ebbe inizio una festa popolare che coinvolse un grande numero di torinesi. Giovani con fisarmoniche ed improvvisate orchestrine suonavano per la gente che ballava, per le strade e nei cortili. Il 25 aprile vi fu la grande sfilata dei partigiani, tra due grandi ali di folla plaudente. Vi furono anche episodi tragici. I cecchini continuavano a sparare dai tetti sui passanti e vi furono morti e feriti. Da un albero di corso Re Umberto pendevano due ex fascisti impiccati.

Emma (1922 – 2009)
Nata a Torino il 20 luglio 1922. Impiegata alla Società dei Telefoni STIPEL (Settore Timo), reduce da Parma dov’era sfollata seguendo l’ufficio personale dove lavorava, nella primavera del 1945 è nella sede della Società in corso Re Umberto.

Il 24 aprile, il sig. Bartolucci dell’ ufficio personale ci avvertì che il giorno successivo non si sarebbe lavorato. Allora io abitavo con i miei genitori al Borgo San Paolo, in un modesto appartamento al primo piano di via Bussoleno, 14. Ricordo che, in fondo alla via, c’era una villetta che per molto tempo, all’apparenza, sembrava chiusa. Solo il 25 aprile scoprimmo che era una sede partigiana: di lì mossero molte persone che raggiunsero il corteo che sfilava per le vie cittadine. Era in corso una festa collettiva, un momento di gioia incredibile dopo i duri anni della guerra. Ragazzi e adulti intrecciavano danze al suono di chitarre e fisarmoniche. Dagli abbaini i cecchini sparavano ai partigiani e parecchi di essi salirono sui tetti delle case per snidarli e neutralizzarli. Intanto era iniziata la caccia ai fascisti, ai repubblichini. Le ragazze che si erano schierate dalla loro parte o che avevano avuto rapporti con i tedeschi venivano rasate a zero. Il loro cranio veniva dipinto con vernice al minio. Solo il 27 tornammo in ufficio e, per la strada, vidi molti morti ed ex fascisti giustiziati.