Ieri verso le cinque del pomeriggio ho ucciso anecòico. Non ha sofferto e ha avuto parole gentili per chi da quattro anni e mezzo frequenta questo blog. Il delitto non è stato particolarmente efferato, l’ho preso da parte e l’ho rimpiazzato con il mio vero nome e il mio cognome, quelli che ora leggete lì sopra in alto a sinistra nella testata.
Quando ho aperto il blog nel 2006 gli pseudonimi online (nickname, dicono quelli impallinati) andavano ancora per la maggiore e, a torto, sembravano dare qualche chance in più sul fronte dell’anonimato. Nel mio caso era il segreto di Pulcinella da tempo: bastava una ricerca su Google per scoprire chi ci fosse dietro anecòico. Mi sono reso conto di quanto fosse inutile perseverare con uno pseudonimo circa un paio di anni fa, ma – vuoi per pigrizia, vuoi per praticità – ho sempre rimandato il momento dell’omicidio in attesa di chissà che cosa.
Il fatto che CattivaMaestra sia recentemente confluito nei blog del Post ha contribuito alla scomparsa di anecòico, ma più ancora il crescente dibattito intorno all’anonimato in Rete e al ruolo di Facebook nell’incentivare l’uso della propria identità reale online. Quando ti registri al social network ti viene richiesto di usare il tuo nome e il tuo cognome e questo ha fatto sì che centinaia di milioni di persone ora siano in Rete per quello che sono, facilmente identificabili anche al di qua dello schermo. (Certo, su Facebook puoi anche decidere di chiamarti Gaio Giulio Cesare e nessuno viene a cancellarti l’account, ma il numero di quelli che scelgono una falsa identità sul social network è trascurabile, una goccia nel mare degli oltre 600 milioni di iscritti.)
Sono convinto che la Rete possa diventare un posto migliore senza l’anonimato. Un tempo non la pensavo così. Ritenevo che la possibilità di nasconderti dietro uno pseudonimo ti consentisse di sentirti più libero di dire la tua e all’occorrenza di spararla (più) grossa. Poi ho ripensato a questi ultimi anni del blog, alle idee talvolta buone e talvolta strampalate che ci ho scritto sopra, e mi sono reso conto che nulla sarebbe cambiato se avessi usato dal primo giorno online il mio vero nome. Mi sono reso conto che anecòico non mi avrebbe comunque protetto da nulla, né nelle diatribe con chi mi legge, né tantomeno legalmente. Era inutile e aveva fatto il suo tempo.
Insomma, anecòico non c’è più e forse a ben pensarci non è mai esistito.
“What’s in a name? That which we call a rose,
By any other name would smell as sweet”
quindi, caro mio, che tu sia E.M. o anecoico, a noi non importa. Ci importa che tu scriva solo più spesso!!!
Ciao Emanuele,
adesso che hai deciso di eutanasizzare Anec (che era la maniera in cui ti chiamavo ai tempi dei nostri blog su La Stampa), ci racconteresti da dove veniva questo nick (pardon, nom de plume) così peculiare?
Perchè mi piace la tua scelta di appropriarti – con nome e cognome – del tuo blog. Ma mi rimane la curiosità di capire da dove fosse nato Anecoico.
Buona festa, a presto,
HP
Ma no, che non l’hai ucciso. L’hai messo in pensione dopo alcuni anni di onesto lavoro. In questo modo il fatto non costituisce reato e tu sei libero di scrivere fino a consumare la tastiera. In bocca al lupo e crea molti echi positivi!
anecoico è un nick che è “sparito” da tempo anche da oknotizie, se non sbaglio.
Ricordo che eri uno dei primi iscritti in quel aggregatore. non hai più un profilo?
Posto, un articolo di oggi del blog di Franca Sozzani (direttrice Vogue Italia), che abbiamo ri-pubblicato sul nostro blog.
http://www.danemblog.com/2011/05/those-anonymous-users-freely-surfing.html
Un punto di vista diverso, sull’anonimato in internet.
P.S. danem sta per Daniela-Emanuele.
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