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Qualche dato chiaro sulla TAV

Ieri il presidente dell’Osservatorio per la linea ad alta velocità Torino – Lione, Mario Virano, è stato ospite di Lucia Annunziata nel corso della prima parte della trasmissione In Mezz’Ora. Una volta tanto, dopo giorni e giorni di dibattiti televisivi inconcludenti sul tema, si è parlato di dati concreti e delle prospettive del discusso progetto TAV. Virano è Commissario straordinario del governo per la linea ferroviaria tra Italia e Francia da circa cinque anni e si occupa dell’Osservatorio, che ha realizzato un lavoro enorme e la produzione di sette quaderni molto dettagliati sull’opera (l’ottavo sui costi e benefici dovrebbe essere pubblicato a breve), tenendo in considerazione le obiezioni portate negli anni da parte di chi non vuole la nuova infrastruttura in Val di Susa.

Per chi non ha tempo di riguardarsi la puntata, disponibile qua sotto (su YouTube non c’è, ci mette un po’ ad avviarsi, pazientate), riporto schematicamente alcune considerazioni e informazioni date da Virano.

– Le realtà locali devono essere chiamate a concorrere a un progetto che le riguardano. Se nasce un dissenso, questo va affrontato in un contesto più ampio, di interesse generale per tutti, ma non può essere ignorato.

– Il tunnel di base è di 57 chilometri, identico più o meno a quelli del Brennero o Gottardo. Di questi 45 sono in Francia e 12 sono in Italia.

– I treni viaggiano meglio in pianura. Se ci sono montagne sul percorso, la scelta ottimale è bucare la montagna poco sopra il livello di pianura. In precedenza, tra il 1871 e la Prima Guerra mondiale, tutti i tunnel alpini erano più o meno a 1000 metri di quota ed erano lunghi 10 chilometri. Ora ci sono standard diversi e sistemi di sicurezza per fare i tunnel più lunghi e a livello di pianura.

– Il primo progetto presentato era complessivo su tutti gli 80 chilometri della linea e coinvolgeva 25 comuni, di cui 15 fermamente contrari. La loro obiezione era: c’è già una linea storica, usiamo quella. E avevano in parte ragione: da Bussoleno verso Torino la linea è moderna e può assorbire grandi quantità di traffico. Questo ha portato a rivedere il progetto, rimandando il problema di mettere mano alla linea da Bussoleno in giù di almeno trent’anni sulla base del traffico che ci sarà in futuro.

– La linea è penalizzata nella tratta di montagna da Bussoleno verso la Francia. Lì occorre fare il tunnel di base per evitare che i treni debbano salire fino a 1250 metri e attraversare una galleria del 1871 dove non ci passano i container del formato standard. Susa e Chiomonte sono gli unici due comuni interessanti e sono entrambi dialoganti sul tema.

– Si dice che la rete sia sottoutilizzata, vero, ma bisogna anche chiedersi il perché: la galleria attuale non ha standard di sicurezza idonei per il trasporto di tutte le merci, portare i treni a 1250 metri richiede convogli particolari, con più locomotive e richiede molto più tempo e dispendio di energie.

– Circolò la proposta di abbassare il livello del piano dei binari nel tunnel storico per consentire ai convogli di passare con i container standard. Il lavoro richiederebbe o la chiusura intera della galleria per tre anni o lavori con treni in circolazione alternata per sette anni.

– L’ottavo quaderno, quello su costi e benefici, tarda ad arrivare e ha richiesto più tempo per via del cambiamento della situazione economica internazionale. L’utilità dell’opera è stata valutata in tre casi indicati dall’Unione Europea: crisi economica permanente, dieci anni perduti o rapido rimbalzo dell’economia. Nel caso degli ultimi due scenari la TAV è necessaria.

– Il tracciato è stato spostato nella zona dove si riduce al minimo il rischio di trovare rocce amiantifere. Le verifiche fatte da ministero dell’Ambiente e dell’ARPA dimostrano che il problema non ha rilevanza. Sul piano empirico: oggi nella stessa montagna si sta già scavando una galleria di 12 chilometri, per l’autostrada. Senza problemi né reali né sollevati.

– Contro possibili infiltrazioni mafiose c’è già un gruppo di lavoro, per prevenire ancora prima di reprimere.

– Il costo dell’opera in questa prima fase sarà di 2,7 miliardi di euro per l’Italia.

– Fino al 2010 il movimento No TAV è stato sostanzialmente governato dai sindaci e le altre componenti erano minoritarie. C’erano leadership autorevoli e vicine alle istituzioni, se non facenti parte delle stesse in ambito locale.

– Sulle “infiltrazioni” violente all’interno dei No TAV bisogna essere chiari, spiega Virano: «Non siamo in presenza di infiltrati, ma di invitati. Il comitato che dirige il movimento regola il rubinetto della violenza secondo una lucida convenienza valutata occasionalmente di caso in caso. Poi viene sempre data la colpa all’acqua, ma è il rubinetto che interessa».