Site icon cattivamaestra

Paperodissea

Era il 29 gennaio del 1992 quando una violenta tempesta investiva una nave commerciale rovesciando nel Pacifico tre container pieni di giocattoli, costruiti in Cina e destinati ai mercati di Stati Uniti ed Europa. In quello spaventoso incidente, che fortunatamente non causò morti o feriti, 30.000 paperette di plastica conquistarono la libertà.

Navigando verso sud, uno stormo di ventimila papere invase dopo pochi mesi le coste dell’Indonesia, dell’Australia e del Sud America. Le restanti diecimila, ai caldi mari del Sud, preferirono i rigidi climi dell’emisfero boreale.
In tre anni di instancabile navigazione, le papere di plastica raggiunsero prima le fredde coste dell’Alaska, per poi ripiegare a ovest verso il più ospitale Giappone. Sfruttando poi la corrente del Pacifico, le paperette sono ritornate sui loro passi e, doppiando lo stretto di Bering, hanno raggiunto l’Artico.

Qui, imprigionate dai ghiacci, le paperette hanno rallentato il loro viaggio muovendosi di poche centinaia di chilometri nell’arco di 8 anni.
Scolorite dalla salsedine e dai raggi solari, alcune migliaia di papere si sono recentemente liberate dai ghiacci e hanno ripreso la loro migrazione. A 15 anni dal loro primo tuffo nell’oceano Pacifico, queste paperette stanno per raggiungere le coste della Scozia e dell’Irlanda del Nord dopo aver agganciato le forti correnti del Golfo.

Dal 1992 a oggi, la stormo di 10.000 papere ha percorso quasi 28.000 km, lasciandosi trasportare dalle correnti oceaniche.
Verificata l’assenza di alcun danno ecologico, molti ricercatori hanno sfruttato l’insolita corsa tra gli oceani delle paperette per studiare le correnti marine. Il prof. Simon Boxall, del centro oceanografico di Southampton (Regno Unito), deve molto a questi giocattoli: “Queste paperette sono un ottimo sistema per tracciare con precisione il comportamento delle correnti, anche in funzione del progressivo surriscaldamento globale. Se tutto andrà bene, potranno continuare a fornirci dati per almeno cento anni!”.

[via TimesOnline]

Se ti è piaciuto, puoi votare questo articolo con un clic ->