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Ladri

Ladroni dichiarati, ecco dell’oro.
Andate avanti per la vostra strada,
dal grappolo succhiate tutto il sangue
così che quello vostro, mescolato,
fermenti e schiumi per ardente febbre
e possiate sfuggir così la forca.
Non date retta al medico:
gli antidoti ch’egli v’indicherà
sono tutti veleni e danno morte
più di quanto possiate voi rubare.
Con la borsa prendete anche la vita:
seguitate a commetter ladrocinii
da esperti praticanti del mestiere
come vantate d’essere.
Posso citare esempi a non finire
di furti in seno alla stessa natura:
è ladro il sole, e spoglia il vasto mare
con la sua grande forza di attrazione;
la luna è anch’essa un ladro vagabondo,
che ruba al sole il pallido suo fuoco;
è ladro il mare, il cui liquido flusso
scioglie la luna in lacrime salate;
ladra è la terra, che si nutre e ingrassa
degli escrementi rubati a noi tutti.
Ladra è ogni terrena creatura:
le stesse leggi che frenano e sferzano
hanno anch’esse, nella lor cruda forza,
un potere ladresco incontrollato.
Odiatevi, odiatevi l’un l’altro;
andate, e derubatevi a vicenda.
Ecco ancora dell’oro.
Scannate tutti quelli che incontrate,
son tutti ladri. Tornate ad Atene,
scassinatevi quante più botteghe:
non potrete rubare che a dei ladri.
Non dovete rubare
meno di tutto l’oro che v’ho dato.
Possa comunque l’oro
dannarvi. Tutti quanti. Amen.

[William Shakespeare, Timone d’Atene, 1623]