Prima di diventare completamente autonomo, il mio blog è stato ospitato per anni sul sito web della Stampa e – come ricordano gli aficionados – i rapporti con il giornale torinese sono stati spesso burrascosi. L’ascia di guerra è ormai sottoterra da tempo e La Stampa si merita la segnalazione di due cose (buone) fatte negli ultimi giorni.
Anna Masera, uno dei responsabili dell’edizione web della Stampa, spiega oggi sul suo blog perché ha deciso di non pubblicare sul portale del giornale le immagini di Ruby, la ragazza minorenne alla base del nuovo scandalo ormonale che interessa il Cavaliere e il suo entourage. Ci sono tre motivazioni, spiega Anna:
1) si tratta di una ragazza minorenne, almeno fino al 1 novembre quando a quanto pare compirà 18 anni;
2) le foto su Facebook sono visibili solo se si è suoi “amici”, per cui ha cercato di tutelare la propria privacy e non abbiamo diritto di violarla, in nome di una curiosità pruriginosa che non aggiunge nulla alla notizia di per sè.
3) E’ vero che la notizia che la vede implicata – a differenza della tragica storia di Sarah Scazzi a cui si riferiva il direttore nel suo editoriale- riguarda personaggi pubblici di alto profilo come il premier Silvio Berlusconi ed è quindi una notizia rilevante, ma – per ora almeno – Ruby ci risulta che non sia indagata e che non abbia fatto nulla che giustifichi un accanimento mediatico sulla sua persona.
Mi pare una buona scelta e, sarà un caso o vai a sapere cosa, oggi nella homepage della Stampa i boxini morbosi con le foto pruriginose di attrici, modelle e compagnia bella poco vestite sono sostanzialmente assenti. Bisogna vedere quanto dura.
La seconda cosa, sicuramente buona, è l’arrivo dell’archivio storico della Stampa. Dopo anni di lavoro, il giornale ha terminato la digitalizzazione di tutti i suoi numeri dal 1867 a oggi. Basta andare qui, inserire le parole chiave e l’intervallo di tempo e scoprire quando si è parlato per la prima volta di Bambi. Per dire.
Nella prima pagina di Repubblica di ieri non c’era nemmeno un refuso, in compenso hanno sbagliato a stampare il prezzo del giornale: 1,50 euro invece di 1 euro. Gli edicolanti, quelli onesti, se ne sono accorti controllando le bolle di consegna e hanno chiesto il solito prezzo per l’acquisto del giornale.
Oggi quelli di Repubblica, uno dei pochi quotidiani ancora a 1 euro, hanno fatto ammenda.
Il prossimo refuso lo voglio nel titolo della testata.
Chi capita spesso da queste parti conosce ormai la mia scarsa clemenza nei confronti dei giornalisti che incappano in notizie inverosimili e inaccurate, le pubblicano e non si curano poi di correggere il tiro e smentire le stesse bufale che hanno messo in giro. A volte c’è dolo, quello di voler spararla grossa a tutti i costi per aumentare le visite, a volte ci sono solo scarsa preparazione o superficialità. E visto che qualche giorno fa mi è capitato proprio di essere un po’ troppo superficiale con un articolo, ho deciso di raccontarvi come sono andate le cose.
Domenica la redazione del Post è a Riva del Garda per la Blogfest. È mattina, siamo al sole con i computer sui tavolini del dehors di un bar e ci confrontiamo sulle notizie più interessanti della giornata, sulle cose da raccontare a chi ci legge. Nel mondo sono successe poche cose e le pagine dei giornali sull’Italia sono piene zeppe del solito blablabla sul governo ostaggio dei finiani. Luca, che il Post lo dirige, trova una notizia curiosa su News, uno dei principali siti di informazione dell’Australia (gli antipodi tornano sempre utili quando vuoi raccontare qualcosa e mezzo mondo dorme ancora): l’ONU sta per nominare un ambasciatore per occuparsi degli alieni.
La notizia è a un passo dallo “strano, ma vero”, categoria che cerchiamo di evitare sul giornale, ma si tratta pur sempre delle Nazioni Unite e la fonte sembra attendibile. Mi faccio carico della notizia e cerco qualche informazione in più. Scopro così che dal 1962 l’ONU ha un Ufficio per gli Affari dello Spazio Extra-atmosferico (UNOOSA) che si occupa di tenere il registro delle cose che mandiamo nello spazio, dalle astronavi ai satelliti passando per le stazioni orbitali, e che si occupa anche della possibile esistenza di forme extraterrestri. Sul sito dell’UNOOSA scopro che a dirigere l’Ufficio c’è l’astrofisica Mazlan Othman, quella che secondo News dovrebbe diventare il nuovo ambasciatore.
Altri siti web riportano la stessa notizia del sito australiano, le informazioni combaciano con i dati che ho potuto raccogliere online, e i virgolettati attribuiti a Othman sembrano confermare la notizia: l’ONU si sta dando da fare sulle forme di vita extraterrestri. In redazione siamo dubbiosi, cerchiamo di esserlo sempre per sbagliare il meno possibile, la notizia sembra una cosa da documentario più che da film di fantascienza e decido di scrivere l’articolo. Poi lo pubblico con quella punta di ansia di fondo che mi accompagna sempre quando scrivo qualcosa che so verrà letto da gente che si fida di cosa gli sto raccontando.
In un paio di giorni, il pezzo viene letto da diverse migliaia di persone e viene condiviso da più di 300 persone su Facebook. Ci sono anche dei commenti di lettori incuriositi o entusiasti per la notizia. Sembra tutto ok. Sembra. Poi però apro il Guardian e il blog di Paolo Attivissimo questa mattina e per qualche istante spero di sparire su Marte, senza ambasciatori dell’ONU al seguito.
La notizia è una bufala. Incuriosito dalle informazioni circolate domenica, un giornalista del Guardian ha fatto qualche indagine ricevendo una smentita da Othman: le Nazioni Unite non hanno intenzione di nominarla “rappresentante ONU per gli alieni”. I virgolettati della responsabile erano stati interpretati male da News. La responsabile dell’UNOOSA aveva parlato dell’importanza dei progetti per la ricerca di forme di vita extraterrestri e per mettersi in contatto con loro, ricordando inoltre di essere pronta per una conferenza presso la Royal Society sugli oggetti spaziali che orbitano a poca distanza dalla Terra. Chi per primo si è occupato della notizia deve aver fatto confusione unendo le due informazioni e arrivando così alla conclusione che l’ONU stesse per nominare un ambasciatore per le comunicazioni con gli omini verdi.
Quando succedono queste cose molti siti di informazione, anche grandi, rimuovono l’articolo incriminato e fanno finta di niente. Sul Post abbiamo scelto di prenderci le nostre responsabilità. Appena scoperto l’errore, ho pubblicato un secondo articolo per correggere la notizia e metterci una pezza. Nell’articolo originale abbiamo inserito un trafiletto per avvisare chi ci legge che la storia dell’ONU e degli alieni pare sia proprio una bufala. In compenso, alcuni quotidiani italiani oggi si occupano della notizia sbagliata trattandola come se fosse vera, ignorando la smentita della Othman.
Quando salta fuori una bufala giornalistica, mi chiedo sempre quanti di quelli che hanno ricevuto una informazione sbagliata abbiano poi la possibilità di leggere una smentita. Ho sempre l’impressione che là fuori sia pieno di lettori che leggono notizie imprecise o sbagliate sulle quali costruiscono poi le loro opinioni, magari condividendole con gli amici. Sono vittime di un sistema che non torna mai sui propri passi, che passa oltre facendo finta di niente.
Chissà quanti di quelli che hanno letto il mio articolo di domenica leggeranno oggi il nuovo pezzo con la smentita. Me lo chiedo perché prendo sul serio quello che faccio e l’idea che Tizio, Caio e Sempronio continuino per giorni a essere convinti che l’ONU stia cercando gli alieni perché lo hanno letto sul Post non mi sconfinfera molto. Se vi dovessero raccontare qualcosa di simile, datemi pure la colpa, ma poi spiegategli come stanno davvero le cose. Grazie.
Avete mai passato un’ora e mezza nella mente di Gianni Riotta?
Io mi ci sono avvicinato molto, oggi, scartabellando l’infinita sequela di brillanti osservazioni che il direttore del Sole 24 Ore lascia su Twitter. L’ho fatto per lavoro, per il gusto dell’inchiesta, in nome della professione che maglioni velcro gulp cd musicali. Trovate i dieci migliori tweet di Riotta sul Post.
Aggiornamento E Gianni, come speravo, l’ha presa sul ridere. Ottimo.
Mi ero ripromesso di lasciarli tranquilli, ma questa volta non ho resistito. Il caldo fa brutti scherzi dalle parti di via Marenco. Sì, è sicuramente il caldo… (Update del 22/07 ore 10.23: dopo una giornata, il titolo è stato corretto. Il caldo…)
Le elezioni in Gran Bretagna – come ormai è noto da settimane – le ha vinte David Cameron, ma il nuovo premier ha mancato la maggioranza assoluta e il parlamento è “hung”, appeso o se avete un’indole più truculenta “impiccato”.
Se però siete un settimanale femminile col vizietto del refuso, allora l’amore trionfa sull’odio e il parlamento si sdilinquisce in un enorme “hug”, un abbraccio.
Quando combinano qualcosa di sbagliato, quelli di Sette (il settimanale del Corriere della Sera) corrono ai ripari con un piccolo spazio intitolato Sorry. In quell’enunciato minimo di una rubrica di giornale finiscono le rettifiche e le smentite sugli svarioni pubblicati nei numeri precedenti.
Ieri, più o meno a quest’ora, nasceva il Post. Ma che cos’è il Post? Un blog? No, di più. Un giornale online? Anche, ma non solo. Un aggregatore? Troppo generico.
Il Post non puoi mica definirlo, difatti non ci riusciamo nemmeno noi che lo facciamo. Il Post va letto e spulciato, seguendo un percorso logico o saltando da un link all’altro, ne mettiamo tanti apposta. Il Post va anche amato, se vi riesce.
Luca, che del Post è il direttore, ha scritto una specie di editoriale per riordinare le idee e raccontare come è nata questa nuova cosa online. È un valido punto di partenza per conoscere il Post, ma anche la storia dei pinguini lo è.
Il Post è fatto da Luca e da altre persone speciali come Chiara, Claudio, Elena, Francesco, Giulia, Pier Mauro e dal tenutario di questo blog. Stiamo prendendo le misure per migliorare il Post. Ci andrà un po’, intanto iniziamo a prenderci gusto…
In questo breve post la parola post compare dodici volte per superare la teoria dei messaggi subliminali e indurvi a leggere il Post. Ora.
Nel corso dell’edizione delle 13:00 del GR1, Valeria Volatile ha dedicato un servizio del giornale radio al libro di Massimo Gaggi e Marco Bardazzi L’Ultima Notizia. Per presentare il volume che si occupa del possibile futuro dell’informazione, la giornalista è partita dalla celebre frase «È la stampa, bellezza. La stampa! E tu non ci puoi fare niente. Niente.» pronunciata da Humphrey Bogart nel film L’ultima minaccia (Deadline, 1952).
Volatile si è però incartata, confondendosi con Quarto Potere (Citizen Kane, 1941) di Orson Welles e scodellando così una notevole fesseria (udibile qui al minuto 13):
Parafrasando Humphrey Bogart in quel capolavoro del cinema che è Quarto Potere di Orson Welles, gli autori di questo saggio scelgono di intitolare così il primo paragrafo: «Era la stampa, bellezza».
Lo ammetto, non sono sempre clemente nei confronti della Stampa. Cliente affezionato di questo blog, il quotidiano torinese entra in casa mia da una vita e desta in me rispetto e affetto, ma anche grande scoramento quando vi trovo qualcosa che a mio sindacabilissimo giudizio non va. Ora potrei in parte ricredermi alla luce di questa mirabile e involontaria campagna di marketing virale su scala planetaria.
Che cosa c’è di strano? La foto con le piroghe è stata scattata a Mirissa, in Sri Lanka.