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il blog di emanuele menietti

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Frank Underwood e la principessa

6 Marzo 2015

In questo post parlo di House of Cards, c’è un picospoiler infinitesimale (promesso): potete sopportarlo, ma se proprio non volete saperne niente, tornate quando avrete visto la quinta puntata della terza stagione.

house-cards-monument-valley

Nella terza stagione di House of Cards, messa online da Netflix a fine febbraio, Frank Underwood ha lasciato perdere i videogiochi sparatutto, quelli con cui si rilassava a casa prima di andarsene a dormire dopo una giornata passata a tramare contro mezza Washington. Invece di fare esplodere la testa a qualcuno con la sua console davanti al televisore, se ne sta col suo iPad in camera da letto ad aiutare Ida, una principessa che se la deve vedere con alcuni corvi poco amichevoli attraversando palazzi fantastici, ispirati alle geometrie impossibili di Escher.

Come milioni di altre persone in tutto il mondo, Underwood gioca a Monument Valley, il gioco più bello che sia stato mai creato per tablet e smartphone (ok, forse esagero ed è solo il gioco migliore di tutto il 2014, ma ci siamo capiti). Esiste dall’aprile dello scorso anno ed è stato sviluppato da Ustwo, uno studio indipendente. Dopo alcuni successi compreso quello di Whale Trail, una simpatica balena, quelli di Ustwo volevano farsi notare con qualcosa di completamente diverso, un gioco che sorprendesse per il modo in cui è fatto, ancora prima che per le cose che succedono al suo interno. Doveva essere poco impegnativo, ma al tempo stesso coinvolgente e rilassante: “come vedersi un film in un pomeriggio o fare un giro in un museo” per dirla come l’ha messa Ken Wong, il designer che ha guidato il progetto per la realizzazione del gioco.

L’idea di Monument Valley iniziò con una serie di bozzetti su un quaderno, disegnati da Wong: forme che si incastravano tra loro e che riprendevano molto i disegni con poliedri e distorsioni geometriche del grafico e incisore olandese Maurits Cornelis Escher. I castelli che attraversa Ida sono sospesi nel vuoto, tra le nuvole, quello che prima era un muro pochi istanti dopo diventa un terrazzo, un tasto fa ruotare completamente l’architettura svelando nuovi passaggi, o semplicemente rendendo percorribili aree che prima non lo erano, o che credevi non lo fossero. Il disegno delle geometrie si rivelò meno complicato del previsto per Wong, il difficile venne dopo quando fu necessario scrivere il codice per trasformare le sue idee su carta in un’applicazione per tablet e smartphone.

Per realizzare Monument Valley sono stati necessari circa 10 mesi di lavoro. Il gioco in sé non dura molto, ha solo 10 livelli, ma ognuno porta nuove idee e animazioni sorprendenti. Ai dieci livelli ne sono stati aggiunti altri con un aggiornamento nella seconda metà del 2014, con ulteriori sorprese che hanno mantenuto lo spirito originario, sospeso e fantastico.

Monument Valley ha avuto un notevole successo nel 2014, rimanendo per giorni ai primi posti della classifica delle applicazioni sull’App Store e in seguito su Google Play, quando ne è stata realizzata una versione per Android. Grazie alla puntata in cui si vede Underwood che ci gioca, parlandone poi con alcuni collaboratori, l’applicazione negli Stati Uniti è tornata di recente al primo posto per un paio di giorni.

AppFigures, una società che stima l’andamento dei download delle applicazioni, ha pubblicato sul suo blog un’analisi dell’effetto di House of Cards su Monument Valley. Il primo picco è stato rilevato cinque ore dopo la pubblicazione di tutti gli episodi da parte di Netflix. E perché dopo cinque ore? Perché ogni episodio dura un’ora circa, un sacco di persone li ha visti quasi tutti di fila e quello con Monument Valley è il quinto della stagione.

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Monument Valley era già conosciuta, tanto da essere stata votata una delle miglior app del 2014 da Apple, ma evidentemente in molti non ne avevano sentito lo stesso parlare, o non avevano trovato la descrizione dell’applicazione convincente a sufficienza per sborsare i 3,99 euro per giocarci. A me era bastato l’articolo di Verge per convincermi l’aprile scorso: ora spero che questo post faccia altrettanto con qualcuno di voi. Dopo che ci hai giocato, qualcosa migliora.

Posted in: tecnologie Tag: app store, frank underwood, google play, house of cards, ken wong, monument valley, ustwo

È arrivato Timbuktu!

4 Aprile 2011

Da poche ore sull’App Store potete scaricare il primo numero di Timbuktu per iPad, la rivista per bambini di Elena Favilli (Editor in Chief), che scrive anche sul Post, e di Francesca Cavallo (Creative Director), che fa la regista di teatro e centomila altre cose. L’applicazione è gratuita e potete scaricarla da qui.

Timbuktu Magazine è stato realizzato grazie al contributo di Working Capital 2010 di Telecom Italia, che ha premiato il progetto di Elena lo scorso anno con un finanziamento per la creazione del primo numero della rivista. Il magazine è prodotto con codice aperto (HTML5) e quindi in futuro potrà essere pubblicato anche per altri tablet, come quelli che usano Android, il sistema operativo di Google.

Il primo numero è dedicato al ghiaccio. Ci sono le interviste agli animali che popolano i poli, il cartone animato di un tricheco, la storia di una incredibile macchina per fare il ghiaccio, i quiz sul freddo e la fotostoria della neve. Poi ci sono le rubriche di domande, i consigli per inventare nuovi giochi e l’affascinante racconto del censimento in India.

Elena la spiega così:

«Volevamo fare una rivista digitale dove i bambini potessero trovare il meglio della ricerca sull’immagine per bambini e il meglio delle potenzialità di interazione offerte dall’iPad. E volevamo farne un posto in cui potessero coltivare la loro curiosità e la loro incredibile forza».

Francesca, invece, così:

«Le notizie di solito sono considerate qualcosa che appartiene solo agli adulti, qualcosa di troppo serio perché possa interessare ai bambini. Noi pensiamo invece che quello che succede ogni giorno nel mondo sia estreemamente importante per loro e abbia un enorme potenziale come strumento di crescita e comprensione delle cose. I bambini non amano soltanto le principesse e i draghi. Amano soprattutto esercitare la loro immaginazione per capire e conoscere meglio il mondo che li circonda».

Timbuktu è in inglese ed è quindi pronto per i bambini di mezzo mondo, iPad dei genitori permettendo. E per i bambini italiani può essere un ottimo sistema per imparare e perfezionare il loro inglese.

Alcune cose legate alla navigazione e alla semplicità d’uso del magazine possono essere ancora migliorate, ma del resto si tratta di un numero zero che richiede la dovuta indulgenza. Le potenzialità per un simile prodotto sono enormi e sono nelle mani di persone capaci ed entusiaste. E questo potrà fare la differenza. In bocca al tricheco.

Posted in: internet e media, libri e poesia Tag: app store, bambini, elena favilli, francesca cavallo, ipad, rivista, timbuktu, timbuktu magazine
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