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il blog di emanuele menietti

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Magic, voglio un unicorno a domicilio

18 Marzo 2015

magic-03“Siri, ricordami di comprare il latte quando esco dall’ufficio”, “OK Google, quando è nato Barack Obama”, “Cortana, che tempo farà domani a Torino?”. Se l’assistente automatico sul tuo smartphone è di buzzo buono, queste cose che gli hai chiesto a voce diventeranno in effetti promemoria o risposte, ma se provi a spingerti un po’ più in là e a chiedere qualcosa di più complesso fallirà ancora miseramente. La cosa che Siri, Google Now e compagnia non riescono proprio a fare è applicare al mondo reale una tua richiesta, renderla un’azione concreta. Se chiedi a Siri di ordinare una pizza, ti proporrà al massimo una serie di risultati con le pizzerie nei paraggi, poi a mano dovrai aprire ogni scheda dei locali proposti per scoprire se fanno consegne a domicilio. E lo stesso vale per qualsiasi altra cosa che vorresti farti consegnare da qualche parte.

Nell’attesa che Siri e soci diventino meno stupidi, negli Stati Uniti una startup si è inventata un servizio che si chiama Magic e che serve proprio per fare cose in cui gli assistenti automatici fino a ora hanno fallito: farti arrivare a domicilio qualsiasi cosa tu desideri, a patto che sia legale. Per usare il servizio basta inviare un SMS a un numero di telefono, formulando una richiesta, ad esempio “Voglio una pizza quattro stagioni e una birra”. A leggere il messaggio non c’è un sistema automatico, ma una persona con ossa, organi interni e una buona dose di pazienza. Se è la prima volta che stai usando il servizio, ti vengono richieste informazioni personali come nome, cognome, età e l’indirizzo di consegna. Dalle volte successive quelli di Magic sanno già chi sei perché associano il numero del tuo cellulare alle informazioni che hai dato.

Dopo avere ricevuto la richiesta, quelli di Magic controllano le pizzerie che fanno consegne a domicilio nei tuoi paraggi, ottengono un preventivo e ti inviano un messaggio con il prezzo finale e i tempi stimati di consegna. A quel punto puoi modificare l’ordine, comunicare un posto di consegna diverso dal solito e naturalmente confermare o rinunciare.

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Il pagamento avviene attraverso carta di credito utilizzando Stripe, un servizio che gestisce le transazioni con carta e che – soprattutto – serve per nascondere il numero della propria carta di credito a chi riceve il denaro, in questo caso Magic. I dati della carta non saranno mai visti da nessuno, non dovranno mai essere inviati via SMS e soprattutto resteranno gestiti e criptati da quelli di Stripe. (E comunque, ok, si può pagare anche in Bitcoin.)

La cosa interessante di Magic è che potenzialmente si può acquistare qualsiasi cosa tramite il servizio. Puoi ordinare una lista della spesa, chiedendo diversi prodotti e indicando un orario di consegna a casa tua; inviare un mazzo di fiori a qualcuno, scegliendo ovviamente che fiori; prenotare un volo, scegliendo tra il tragitto più economico o il più veloce. Ogni richiesta può essere affinata e modificata attraverso lo scambio dei messaggi, aggiungendo opzioni di diverso tipo o togliendone altre.

Magic per ora è attivo solo negli Stati Uniti ed è in fase di start-up, quindi c’è da aspettarsi qualche disservizio. Jason Del Rey di Re/code ha provato a ordinare un panino a San Francisco, un chicken parm (cotoletta di pollo fritta, con mozzarella e salsa di pomodoro dentro una pagnotta, eh), ma le cose non sono andate molto bene: il primo tentativo non è andato a buon fine, ci sono stati ritardi e alla fine gli hanno fatto arrivare una vaschetta di parmigiana e solo in un secondo tempo il suo paninazzo. Del Rey ha fatto il test nel momento di massima attenzione verso Magic, con i suoi operatori sommersi di richieste e in un numero insufficiente per rispondere a tutti. Quelli del servizio non si aspettavano una simile quantità di richieste e non erano evidentemente pronti a gestire tutta la logistica, che per le consegne a domicilio può essere molto complicata (se non sei Amazon, per esempio). Magic ha in parte ovviato al problema creando una lista di attesa quando ci si iscrive al servizio, ma se si pagano 50 dollari si può saltare la coda e ottenere subito udienza.

VentureBeat a fine febbraio ha intervistato Mike Chen, l’ideatore di Magic, che sul fatto di essere pronto a consegnare alle persone qualsiasi cosa ha detto che prima o poi il suo servizio permetterà di “farsi recapitare anche una tigre”. E se uno dice una cosa del genere, va a finire che qualcuno ci prova subito. Alexia Tsotsis e Ryan Lawler di TechCrunch hanno mandato un messaggio a Magic chiedendo di farsi consegnare una tigre presso la loro redazione. L’assistente che ha risposto alla richiesta ha detto che sì, certo, una tigre ve la mandiamo, però dovreste far finta di usarla per delle riprese e potrete tenerla solo temporaneamente. Tsotsis e Lawler hanno risposto che no, la tigre la vogliamo proprio comprare, in modi legali e senza far finta che ci sia dietro un film. E Magic ha risposto che le leggi della California impediscono di tenere animali esotici per uso domestico. In compenso a TechCrunch avrebbero potuto dare in prestito una tigre per un servizio fotografico, a patto di sborsare 13.400 dollari. Alla fine Tsotsis ha ordinato un barattolo di balsamo di tigre.

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Inviare messaggi a Magic è gratuito, si paga solamente quando si è confermato l’ordine, al quale viene applicata una commissione dal servizio. Per ora le tariffe sono applicate di volta in volta a seconda delle richieste: se per esempio vuoi farti consegnare qualcosa in un rifugio sperduto tra le montagne ti costerà molto di più rispetto a una consegna nel tuo quartiere. I prezzi applicati sono comunque comunicati prima della conferma dell’ordine, quindi si può sempre declinare l’offerta. Chen, il capo di Magic, dice che al momento il 50 per cento degli ordini è in pareggio (Magic cioè non ci guadagna né ci perde), che il 25 per cento è in perdita e che l’ultimo 25 per cento porta a ricavi.

Come hanno scritto molti osservatori, e come confermano le stime attuali di Chen, Magic è un’idea molto interessante, ma ancora un po’ per aria e con molte cose da sistemare per funzionare sul serio e mantenere le sue promesse. Per ora il servizio che in teoria dovrebbe procacciarti qualsiasi cosa, anche un unicorno, e portartela a casa è un unicorno.

Posted in: altrimondi, tecnologie Tag: cortana, google now, magic, mike chen, siri

Frank Underwood e la principessa

6 Marzo 2015

In questo post parlo di House of Cards, c’è un picospoiler infinitesimale (promesso): potete sopportarlo, ma se proprio non volete saperne niente, tornate quando avrete visto la quinta puntata della terza stagione.

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Nella terza stagione di House of Cards, messa online da Netflix a fine febbraio, Frank Underwood ha lasciato perdere i videogiochi sparatutto, quelli con cui si rilassava a casa prima di andarsene a dormire dopo una giornata passata a tramare contro mezza Washington. Invece di fare esplodere la testa a qualcuno con la sua console davanti al televisore, se ne sta col suo iPad in camera da letto ad aiutare Ida, una principessa che se la deve vedere con alcuni corvi poco amichevoli attraversando palazzi fantastici, ispirati alle geometrie impossibili di Escher.

Come milioni di altre persone in tutto il mondo, Underwood gioca a Monument Valley, il gioco più bello che sia stato mai creato per tablet e smartphone (ok, forse esagero ed è solo il gioco migliore di tutto il 2014, ma ci siamo capiti). Esiste dall’aprile dello scorso anno ed è stato sviluppato da Ustwo, uno studio indipendente. Dopo alcuni successi compreso quello di Whale Trail, una simpatica balena, quelli di Ustwo volevano farsi notare con qualcosa di completamente diverso, un gioco che sorprendesse per il modo in cui è fatto, ancora prima che per le cose che succedono al suo interno. Doveva essere poco impegnativo, ma al tempo stesso coinvolgente e rilassante: “come vedersi un film in un pomeriggio o fare un giro in un museo” per dirla come l’ha messa Ken Wong, il designer che ha guidato il progetto per la realizzazione del gioco.

L’idea di Monument Valley iniziò con una serie di bozzetti su un quaderno, disegnati da Wong: forme che si incastravano tra loro e che riprendevano molto i disegni con poliedri e distorsioni geometriche del grafico e incisore olandese Maurits Cornelis Escher. I castelli che attraversa Ida sono sospesi nel vuoto, tra le nuvole, quello che prima era un muro pochi istanti dopo diventa un terrazzo, un tasto fa ruotare completamente l’architettura svelando nuovi passaggi, o semplicemente rendendo percorribili aree che prima non lo erano, o che credevi non lo fossero. Il disegno delle geometrie si rivelò meno complicato del previsto per Wong, il difficile venne dopo quando fu necessario scrivere il codice per trasformare le sue idee su carta in un’applicazione per tablet e smartphone.

Per realizzare Monument Valley sono stati necessari circa 10 mesi di lavoro. Il gioco in sé non dura molto, ha solo 10 livelli, ma ognuno porta nuove idee e animazioni sorprendenti. Ai dieci livelli ne sono stati aggiunti altri con un aggiornamento nella seconda metà del 2014, con ulteriori sorprese che hanno mantenuto lo spirito originario, sospeso e fantastico.

Monument Valley ha avuto un notevole successo nel 2014, rimanendo per giorni ai primi posti della classifica delle applicazioni sull’App Store e in seguito su Google Play, quando ne è stata realizzata una versione per Android. Grazie alla puntata in cui si vede Underwood che ci gioca, parlandone poi con alcuni collaboratori, l’applicazione negli Stati Uniti è tornata di recente al primo posto per un paio di giorni.

AppFigures, una società che stima l’andamento dei download delle applicazioni, ha pubblicato sul suo blog un’analisi dell’effetto di House of Cards su Monument Valley. Il primo picco è stato rilevato cinque ore dopo la pubblicazione di tutti gli episodi da parte di Netflix. E perché dopo cinque ore? Perché ogni episodio dura un’ora circa, un sacco di persone li ha visti quasi tutti di fila e quello con Monument Valley è il quinto della stagione.

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Monument Valley era già conosciuta, tanto da essere stata votata una delle miglior app del 2014 da Apple, ma evidentemente in molti non ne avevano sentito lo stesso parlare, o non avevano trovato la descrizione dell’applicazione convincente a sufficienza per sborsare i 3,99 euro per giocarci. A me era bastato l’articolo di Verge per convincermi l’aprile scorso: ora spero che questo post faccia altrettanto con qualcuno di voi. Dopo che ci hai giocato, qualcosa migliora.

Posted in: tecnologie Tag: app store, frank underwood, google play, house of cards, ken wong, monument valley, ustwo

Regalate un po’ di scienza

4 Dicembre 2014

esperimenti-per-bambiniLa recente vicenda dei vaccini antinfluenzali ha confermato la scarsissima fiducia nella scienza da parte di molti (troppi) italiani. E qui ci starebbe bene un pistolotto sulla scarsa cultura scientifica nel nostro paese, sulla scuola che privilegia le materie umanistiche, sulle risibili risorse destinate alla ricerca e sulla competenza traballante con cui i media si occupano degli argomenti scientifici, ma ve lo risparmio per pietà e perché nel tempo persone molto più autorevoli di me hanno dedicato al tema saggi e studi più approfonditi.

Ognuno di noi, anche il più refrattario a qualsiasi argomento scientifico, può fare qualcosa per migliorare le cose, o per lo meno per migliorarle in prospettiva. Se è vero che i bambini sono il futuro, come diceva quella canzone, possiamo provare a partire da loro, provare a cercare le risposte alla loro sfilza quotidiana di “e perché?” (ok, senza esagerare) e a interessarli a come funziona il mondo che hanno intorno a loro e col quale dovranno fare i conti per i prossimi decenni.

Quindi, questo Natale riempite pure di regali i vostri figli, nipoti, cuginetti, e figli di amici, di nipoti e via discorrendo con videogiochi, orsacchiotti, bambole, macchinine, DVD, iPod, cellulari e giochi di società, ma lasciate lo spazio per almeno un gioco dal quale possano imparare qualcosa legato alla scienza (e senza che se ne rendano conto: fregati). Se non sapete da dove partire, qui sotto trovate qualche consiglio e link per orientarvi e farvi un’idea, tenendo sempre a mente che in molti casi si tratta di regali che richiedono l’assistenza e la guida di una persona adulta (che deve metterci anche la voglia).

– I più grandi esperimenti della scienza: è uno dei tanti prodotti che offre Clementoni, società che da decenni si occupa dei giochi per imparare qualcosa. Nella scatola ci sono diversi strumenti per realizzare un centinaio di esperimenti, le spiegazioni sono chiare e si imparano cose su astronomia, chimica, geologia, biologia, botanica e paleontologia. Buona parte del materiale è di plastica di non particolare qualità, ma comunque resistente e adatta per i bambini che frequentano le elementari.

– Il grande laboratorio di chimica: sempre di Clementoni, ha un manuale con 250 esperimenti da fare e dà gli strumenti principali per realizzarli, anche se qualcosa bisogna procacciarselo in giro per casa.

– Clementoni ha molti altri giochi scientifici, li trovate elencati tutti sul sito dell’azienda, alcuni hanno un’offerta limitata, ma ce ne sono di interessanti come quello per creare una serra in miniatura, fare esperimenti sull’elettricità e imparare qualcosa del corpo umano.

– Microscopio: i microscopi sono costosi, ma si può partire da un modello economico per capire se il bambino a cui lo regalate è interessato ai mondi minuscoli. Su Amazon ne trovate di ogni tipo, anche con accessori aggiuntivi e spunti per fare le prime osservazioni.

– Telescopio: vale lo stesso discorso del microscopio, potete iniziare con qualcosa di economico e passare poi a un telescopio più serio se noterete il giusto interesse per stelle, pianeti, costellazioni e compagnia da parte dell’astronomo in erba.

– Science tricks: è uno dei prodotti che si possono trovare nel negozio dello Science Museum di Londra (se non ci siete mai andati aggiungetelo alla lista), contiene spunti e materiali per fare giochi scientifici di diverso tipo.

– Stazione meteorologica: serve per misurare il vento, la temperatura e la quantità di pioggia caduta.

– La scoperta dello Spazio: ha istruzioni ed esperimenti per scoprire come funziona un razzo e realizzare un sistema di atterraggio per una capsula spaziale, più diverse informazioni generali sulle esplorazioni spaziali.

– Osserva insetti: è un barattolo nel quale si inserisce l’insetto che si vuole osservare, da tre diverse prospettive e grazie ad alcune lenti d’ingrandimento. È molto essenziale e bisogna fare attenzione che non sia usato sadicamente nei confronti di qualche povero insetto malcapitato.

– Sistema solare: è il classico gioco per realizzare un modellino del nostro sistema solare da appendere in camera. Certo, si imparano più cose con una app sul sistema solare, ma un tablet appeso nella cameretta non fa la stessa figura.

– Esperimenti schifosi: è un libro della startup Timbuktu realizzato in collaborazione con De Agostini ed è “un manuale per diventare un perfetto scienziato”, realizzando esperimenti di vario tipo e un po’ buffi, con i quali si imparano comunque cose sulla chimica e la scienza in generale. Il libro dà anche l’accesso a una app per tablet e smartphone.

– Libri: se pensate che le scatole con gli strumenti per fare gli esperimenti siano superflue potete sempre regalare un libro. Su Amazon c’è una raccolta piuttosto ricca di libri con esperimenti scientifici per bambini, ricchi di spunti e suggerimenti.

– Applicazioni: certo, certo, siamo agli sgoccioli del 2014 e molte delle cose che fanno i bambini si sono spostate su schermi di smartphone e tablet. Negli store di applicazioni trovate ormai intere sezioni che raccolgono le app per giocare e imparare qualcosa sulla scienza. Insomma, potete cavarvela anche in questo modo, oppure procurandovi un po’ di filo di rame, qualche magnete e una batteria, ché sembra divertente.

Posted in: scienza, tecnologie Tag: giocattoli, giochi, natale, scienza

Con la faccia di un altro

20 Gennaio 2014

Di solito mi accorgo di avere incrociato qualcuno che conosco per strada pochi secondi dopo essergli passato di fianco, quando è ormai troppo tardi per rendere socialmente accettabile il fatto di tornare indietro, fermarlo e spiccicare qualche parola di circostanza. Molti ormai lo hanno imparato e assecondano la mia disfunzione premurandosi di fermarsi loro, per primi. Altri probabilmente pensano che sia uno che fa finta di non conoscerli e che tira dritto, o nella migliore delle ipotesi non mi riconoscono e siamo pari.

Passeggio svelto, tra un sacco di pensieri e nella lista delle priorità riconoscere la gente per strada finisce inconsapevolmente agli ultimi posti. Le cose sono sicuramente più difficili per chi soffre di prosopagnosia, la malattia di chi non sa riconoscere i volti, che raccontò molto efficacemente il neurologo Oliver Sacks sul New Yorker di qualche anno fa (lo stesso Sacks ne soffre). Si stima che il 2,5 per cento della popolazione soffra di questo disturbo in forma grave e che almeno il 10 per cento viva con una sua forma lieve spesso non diagnosticata.

Per chi ha la prosopagnosia, di punto in bianco un viso familiare in un determinato contesto diventa totalmente irriconoscibile in un altro. In alcuni casi chi ne soffre non riesce nemmeno a riconoscersi al primo colpo quando vede la sua immagine allo specchio.

Leggendo di FaceSubstitute mi sono chiesto che cosa potrebbe accadere in un futuro (che non è dietro l’angolo) in cui tutti potranno farsi vedere usando la faccia di qualcun altro.

facesubstitute

FaceSubstitute è un progetto, e un giochino, che ti permette di usare la webcam del tuo computer per provare a usare la faccia di qualcun altro. È sufficiente cliccare qui, dare il permesso al browser di condividere la propria webcam con il sito del progetto e schiacciare sul tasto “Start”. Il sistema si calibra automaticamente, riconoscendo la posizione degli occhi, del naso e delle labbra e quando ha finito è pronto per sovrapporre una faccia nota alla propria, naturalmente nella ripresa della webcam.

Per ora tra le facce disponibili ci sono quelle di Justin Bieber, Sean Connery, Bill Murray, Walter White, Barack Obama e la regina Elisabetta II. FaceSubstitute ha qualcosa in comune con i programmi che di solito ti vendono insieme a una webcam o che trovi già installati sul tuo computer (come Photo Booth su Mac), ma funziona tutto da browser, senza dovere installare nulla, ed è inquietante in modo divertente.

Posted in: tecnologie Tag: facesubstitute

Instagram su carta

11 Ottobre 2013

L’ultima volta che ho stampato una fotografia, Instagram ancora non esisteva. Ne consegue che non avevo mai stampato una foto scattata su Instagram prima di adesso. Dopo essermi visto passare davanti per mesi recensioni di servizi che te le stampano e te le mandano a casa, ne ho scelto uno che mi ispirava e che soprattutto chiedeva pochi dollari per la stampa. Si chiama Printstagram (viva la fantasia) ed è ancora in fase di startup.

Il sito è molto facile da usare: colleghi il servizio a Instagram, scegli il formato delle foto e poi indichi dall’elenco con le anteprime (che crea da solo) quelle che vuoi stampare. Paghi, nel mio caso 12 dollari per 24 stampe, e poi aspetti che FedEx te le porti a casa. C’è anche una app per iPhone, per ordinare le stampe di foto in formati diversi da quelli di Instagram. Le stampe sono ottime e, insomma, ve lo consiglio a patto non vi facciate troppi scrupoli sull’impatto planetario di ordinare le stampe a un servizio che sta negli Stati Uniti, che stampa a Taiwan e che fa arrivare le foto per aereo passando – nel mio caso – per le Filippine, la Cina, la Germania e la Francia.

consegna-printstagram

“Pensa se le tue foto potessero fare foto nel trasporto”, mi ha detto Giulia Balducci qui al Post quando le ho raccontato il giro che stavano facendo.

Posted in: internet e media, tecnologie Tag: foto, instagram, printstagram

Austin Gates

7 Ottobre 2013

Dopo il lacrimevole video di Steve Ballmer, mi sono imbattuto in questo, dove Bill Gates – ex CEO di Microsoft – fa la parodia di Austin Powers. E c’è anche Ballmer, naturalmente.

Posted in: tecnologie Tag: bill gates, microsoft, steve ballmer

(I’ve Had) The Time of My Life

28 Settembre 2013

È la canzone che il CEO uscente di Microsoft, Steve Ballmer, ha scelto per salutare gli impiegati della società durante il loro ultimo incontro. E il video di quei momenti è una delle cose più pazze, lacrimevoli, assurde, divertenti, comprensibili, americane e scombinate che abbia mai visto fare su un palco.

Posted in: tecnologie Tag: microsoft, steve ballmer

Le foto enormi del Nokia Lumia 1020

9 Settembre 2013

Martedì 10 settembre sarà disponibile anche in Italia lo smartphone Nokia Lumia 1020, quello che fa foto enormi grazie a un sensore da 41 megapixel. L’ho provato facendo qualche scatto in giro e in effetti la sua fotocamera fa cose notevoli, e ne riesce a vedere molte che sfuggono ai nostri occhi, o almeno a quelli dei miopi come me. Il telefono scatta una foto grandissima, che puoi poi scaricare sul computer (ogni foto è di circa 12 megabyte), e un’altra più piccola utile per essere condivisa sul momento tramite rete cellulare sui social network. L’idea alla base del telefono è: visto che è complicato mettere uno zoom ottico su uno smartphone, mettiamoci un sensore che raccolga un sacco di dettagli e crei immagini molto dense, così che si possa ingrandire una loro area senza che si sgranino e perdano di definizione. Funziona e lavorando con le impostazioni si ottengono buoni risultati, il problema del telefono è ciò che gli sta intorno, cioè Windows Phone e applicazioni poco intuitive per fare, vedere ed editare le foto. Il Nokia Lumia 1020 è anche l’ultimo smartphone che sarà venduto col marchio Nokia: i prossimi non potranno usare più lo storico brand, come prevede l’accordo di acquisizione di Microsoft.

Le foto qui sotto sono prove fatte di corsa e molto casualmente, ma danno un’idea di quanto si possano ingrandire le immagini dopo lo scatto senza perdere dettagli. Le foto sono state scattate verso sera, ridimensionate a 1000 pixel e – a parte il ritaglio – non hanno subito editing di alcun tipo, qui trovate i pesantissimi originali.

Posted in: tecnologie Tag: nokia, nokia lumia 1020, windows phone

Incisa on my mind

21 Aprile 2013

C’è questo mio amico che non sopporta i navigatori satellitari. Detesta le loro vocine sintetiche, le indicazioni perentorie che danno – con i gira qui, prosegui fino a, alle terza svolta di lì – e la loro scarsa praticità. E non sopporta nemmeno di usarli quando deve guidare lungo un percorso che già conosce, ma ha bisogno di sapere quali sono le condizioni del traffico e se ci sono buone alternative. Questo mio amico non se la cava bene con i computer e gli altri affari elettronici. Non è imbranato, tutt’altro. Semplicemente gli interessano cose diverse e considera una perdita di tempo imparare a usare uno smartphone, un iPod e compagnia. E come lui, là fuori, ci sono milioni di altre persone.

Mercoledì 17 aprile TomTom ha presentato ad Amsterdam le sue ultime novità, per rilanciare la vendita dei suoi navigatori satellitari, che devono fare i conti con la concorrenza degli smartphone, e per estendere i propri affari in nuovo aree come quella dei sistemi per tracciare le attività sportive. La società ha rifatto la linea dei suoi TomTom GO, finalmente con touchscreen migliorato e con mappe interattive più chiare e semplici per cercare le cose, che saranno in vendita entro l’estate. Per lo sport quelli di TomTom si sono inventati due orologi con GPS, che raccolgono diverse informazioni come gli spostamenti, il consumo di calorie e il battito cardiaco (con una fascia da mettersi al torace) durante attività come la corsa, il ciclismo e il nuoto. Almeno all’apparenza, sono meno complicati da usare di quelli che esistono già in commercio, ma anche qui dovranno fare i conti con la concorrenza e con i nuovi orologi che farà saltare fuori Apple e, pare presto, anche Microsoft.

tomtom-commuter

Ma la cosa che tra le novità mi ha incuriosito di più, e che mi ha fatto pensare al mio amico, è stato l’annuncio di un nuovo progetto, quindi ancora in fase di sviluppo e di studio, che si chiama TomTom Commuter. L’idea alla base del nuovo aggeggio è di rendere più semplice la vita a chi usa ogni giorno l’auto per andare da casa al lavoro e viceversa, consigliando le strade alternative migliori in base al traffico, tra quelle che conosce e che percorre ogni dì.

Quelli di TomTom lavorano da anni a sistemi per rendere più affidabili e puntuali le informazioni sul traffico. Sfruttando i dati sui movimenti di chi ha un cellulare e si muove in auto, forniti da alcuni operatori telefonici in forma aggregata (quindi senza problemi per la privacy), il sistema ricostruisce i flussi dei veicoli sulle strade e calcola i tempi di percorrenza sulla base dei rallentamenti e della loro lunghezza lungo il percorso.

Per andare da casa al lavoro molti non seguono sempre la stessa strada, ma decidono di volta in volta il percorso che pensano sia più breve, di solito senza averne la certezza. In pratica, con TomTom Commuter, il mio amico parte da casa, fa un primo pezzo di strada e al momento in cui deve decidere se prendere la tangenziale o la statale, il sistema gli dice quale scelta fare in base al traffico e ai tempi di percorrenza previsti. Non gli comunica nient’altro, perché il mio amico sa già dove deve girare e quali svolte deve fare a seconda dei percorsi per andare al lavoro.

Ho cercato di capirne di più sul nuovo progetto, ma per ora quelli di TomTom hanno preferito non dare ulteriori dettagli, anche perché sarà necessario tempo prima che il sistema sia finito. Alcune applicazioni per smartphone fanno già qualcosa di simile per dare informazioni sul traffico, ad esempio Waze, ma per gente come il mio amico saremmo daccapo, visto che ci sarebbe di mezzo uno smartphone. Per come è stato presentato mercoledì, TomTom Commuter dovrebbe avere il vantaggio di essere un sistema molto semplice, che si adatta a chi sta guidando e non viceversa, quindi potrebbe essere utilizzato anche da chi solitamente resta tagliato fuori dai dispositivi avanzati, per attitudine o motivi anagrafici.

Posted in: tecnologie Tag: gps, mappe, navigatori satellitari, tomtom, tomtom commuter

Adattami questo

28 Settembre 2012

Uno
Da oggi è possibile acquistare anche in Italia (a prezzi più alti che in altri paesi d’Europa) il nuovo iPhone 5. E di conseguenza si può acquistare anche in Italia l’adattatore per rendere compatibile il nuovo telefono con i vecchi accessori come amplificatori, connettori per l’automobile e compagnia. Serve perché sull’iPhone 5 è stata cambiata la porta che viene utilizzata per ricaricare il telefono e sincronizzare i suoi dati.

Un aggiornamento del sistema dopo tanti anni ci poteva stare, ci mancherebbe. La vecchia porta esisteva dal 2003, quindi il nuovo adattatore servirà a milioni di persone là fuori, che in tutto questo tempo hanno accumulato accessori di vari tipo da collegare all’iPhone. Non avranno molte alternative e non troveranno l’adattatore nelle scatole dei loro nuovi fiammanti iPhone. Se lo dovranno comprare a parte, sborsando 29 euro. Apple non dovrebbe fare soldi anche su queste cose, non così tanti e in questo modo, almeno.

Due
L’Unione Europea ha da tempo deciso che lo standard per i caricatori dei cellulari debba essere quello delle porte Micro USB. L’idea è che in questo modo si possa usare un sistema universale, riducendo il numero di caricatori e il loro impatto sull’ambiente.

Il nuovo iPhone 5 ha una sua porta che non è Micro USB, ma per evitarsi problemi Apple ha comunque fatto per l’Europa un adattatore dal suo sistema Lightning a USB. Non è nella scatola dei nuovi iPhone 5, va acquistato a parte e costa 19 euro. Apple non dovrebbe fare soldi anche su queste cose, non così tanti e in questo modo, almeno.

Posted in: tecnologie Tag: adattatori apple, apple, iphone, iphone 5, smartphone
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