Per entrare nello spirito del Natale, la settimana scorsa sul Post ci siamo occupati di Zwarte Piet, il servo nero di San Nicola. Il personaggio fa parte della tradizione pre-natalizia nelle Fiandre e nei Paesi Bassi ed è alla base di un annoso dibattito tra chi vorrebbe abolirlo, perché ritenuto offensivo e razzista, e chi invece lo difende insieme al resto delle tradizioni locali. Ed è da questi usi e da molti altri in giro per il mondo che è nato e si è diffuso il personaggio natalizio barbuto più conosciuto: Babbo Natale. (Gesù, dai, non te la prendere.)
C. G. P. Grey ha concentrato la storia di Babbo Natale in un video di meno di quattro minuti parlati svelti, come al solito, sfatando anche il mito della Coca-Cola e dei colori della divisa rossa e bianca.
C. G. P. Grey, il tizio che aveva efficacemente spiegato come funziona il Regno Unito e quanto rende la sua monarchia, ha da poco pubblicato un nuovo video prendendosela con le leggi sul copyright negli Stati Uniti. Da quelle parti nel 1776 avevano deciso che un’opera intellettuale dovesse essere protetta dal diritto d’autore per 28 anni, ma nel corso degli anni il periodo di tempo è stato progressivamente aumentato fino alla legge del 1998 secondo cui un’opera intellettuale è protetta dal copyright per settant’anni dalla morte del suo autore.
Sono stato sempre scettico nei confronti di chi sostiene che il diritto d’autore andrebbe completamente abolito per favorire la libera circolazione delle idee, delle opere culturali e compagnia bella. Se mi viene in mente un mondo nel futuro dove si combatte con le spade laser e c’è un tizio malvagio malvagio che respira con una maschera nera è giusto che per un po’ di anni nessuno possa scopiazzarmi l’idea, sfruttandola per farci qualche soldo a mio svantaggio. È l’idea che questa regola possa valere per settant’anni dopo la mia morte e che copra tutto il periodo della mia decomposizione che mi convince molto meno.
In questo senso l’esempio che fa Grey parlando della Disney è interessante. La società nel 1998 spinse per l’adozione delle nuove regole sul copyright, che le consentirono di mettere al sicuro molte delle sue produzioni cinematografiche più datate. Eppure, nella prima metà del Novecento, Walt Disney riuscì a creare il suo impero sfruttando le idee di altri per i suoi lungometraggi, storie che esistevano già come quelle di Biancaneve, Alice, Robin Hood e Pinocchio. Non ebbe alcun particolare problema di copyright per poterlo fare.
Non so se ve ne siete accorti, ma ieri il principe William e Kate si sono sposati nell’abbazia di Westminster a Londra con una sobria cerimonia, qualche migliaio di soldati e diverse centinaia di cavalli scalpitanti. C’era anche una tizia di giallo vestita con un adorabile cappellino in tinta, dice che è autorizzata da Dio a fare la regina e tutti sono abbastanza deferenti nei suoi riguardi.
Il matrimonio reale di ieri ha tirato nuovamente in ballo la questione dei costi della monarchia del Regno Unito per i sudditi. Si stima che per organizzare e per gestire la cerimonia siano stati spesi 20 milioni di sterline (22,5 milioni di euro) e che ogni anno la Corona costi ai cittadini britannici circa 40 milioni di sterline (45 milioni di euro). Una cifra non indifferente, che spalmata su tutti i contribuenti significa una spesa per suddito di 65 pence (100 pence fanno una sterlina).
Partendo da questi dati, C. G. P. Grey, il tizio che tempo fa aveva spiegato con efficacia che cos’è il Regno Unito, ha deciso di sfatare in un nuovo video alcuni miti sul costo della monarchia britannica, dimostrando come Elisabetta II e la sua corte siano una valida risorsa per l’economia del paese. I sudditi spenderanno anche 40 milioni di sterline all’anno per la famiglia reale, ma la stessa frutta annualmente circa 200 milioni di sterline grazie alle proprie attività. Insomma, per ogni sterlina investita nella monarchia ce ne sono quattro che tornano (i profitti sono 160 milioni di sterline all’anno).
La cifra, spiega Grey, non tiene in considerazione anche gli introiti che derivano dal turismo, circa 12 milioni di turisti ogni anno che vanno in Gran Bretagna anche per vedere le residenze reali, tuttora utilizzate dalla corte della regina, portando circa 7 miliardi di sterline ogni anno nelle casse del regno. Il matrimonio di ieri, dicono gli analisti, ha dato una spinta potenziale di due miliardi di sterline. Un buon affare, e ve lo dice uno come me, felice di non essere suddito di qualche cialtrone per diritto divino. Anche se ci siamo quasi.
Quelli che bevono il tè alle cinque del pomeriggio e ci hanno la regina vivono in Inghilterra, in Gran Bretagna o nel Regno Unito? Sono inglesi o sono britannici? E gli scozzesi? E i gallesi? E che c’entrano gli irlandesi?
C. G. P. Grey ha deciso di rispondere a tutte queste domande con un video. E l’ha fatto parlando in inglese alla velocità della luce, ma se vi perdete qualche parola per strada ci son pur sempre le figure. Indeed.