Nella notte del prossimo 5 agosto, intorno alle 22.30 (ora della California), molti ricercatori e ingegneri della NASA vivranno il momento più angosciante della loro intera carriera. Sette minuti di lunga attesa per scoprire se la missione cui hanno lavorato per anni sarà andata a buon fine: fare atterrare automaticamente un enorme robot (rover) che pesa 900 chili sulla superficie di Marte. Sapranno se le cose sono andate per il verso giusto solo alla fine, quando il Mars Science Laboratory, Curiosity per gli amici, avrà iniziato a trasmettere i primi dati dal suolo marziano.
Curiosity è in viaggio verso Marte dalla fine dello scorso novembre ed è il protagonista di un nuovo ambizioso progetto della NASA, nato per approfondire le nostre conoscenze sul pianeta dopo l’ottimo lavoro svolto dai fratelli minori del nuovo rover, Spirit e Opportunity. Tra le altre cose, Curiosity condurrà rilevazioni ed analisi per scoprire se un tempo ci fosse vita su Marte, sotto qualche forma. Per poterlo fare, la missione – che costa 2,5 miliardi di dollari – dovrà iniziare per forza con un atterraggio perfetto, molto complesso e mai provato prima con queste modalità. E per rendere l’idea, creando un po’ di sano interesse e aspettativa per la nuova missione spaziale, la NASA ha realizzato un video che sta circolando molto online.
Curiosity ha anche un suo account su Twitter e ha da poco superato i centomila follower.
In questo periodo i video inediti del disastro dello Shuttle Challenger saltano fuori come funghi. Dopo quello che vi avevo segnalato a fine febbraio, l’Huffington Post ha da poco pubblicato un nuovo filmato girato questa volta su pellicola Super 8. Il video fu realizzato a pochi chilometri di distanza dalla rampa di lancio di Cape Canaveral in Florida da Jeffrey Ault, che all’epoca aveva 19 anni. Come accaduto ad altri video amatoriali analoghi sull’incidente, la pellicola è rimasta per decenni chiusa in una scatola senza essere vista. La scorsa settimana, dopo 26 anni, Ault l’ha ritrovata e l’Huffington Post l’ha diffusa oggi in esclusiva online.
Il filmato mostra le fasi immediatamente precedenti al lancio, la partenza dello Shuttle e la sua esplosione in cielo dopo 73 secondi di volo. Ault doveva avere affianco a sé alcuni spettatori italiani, le cui voci si sentono distintamente mentre commentano le fasi della partenza e l’incidente. Il video è probabilmente l’unica registrazione amatoriale del disastro realizzata su pellicola.
Lo scorso luglio la NASA ha concluso il programma Shuttle dopo 40 anni di viaggi spaziali con la famosa astronave. La conclusione delle missioni con gli Shuttle è stata l’occasione per ricordare i tanti successi scientifici ottenuti negli anni e i gravi incidenti che causarono la distruzione del Columbia (2003) e del Challenger (1986). Il primo si disintegrò nella fase di rientro nell’atmosfera, mentre il Challenger esplose a 73 secondi dal lancio producendo un’enorme nube di fumo e fuoco che in molti si ricordano ancora oggi.
L’incidente del Challenger fu ripreso in diretta televisiva ed ebbe un fortissimo impatto sul programma spaziale degli Shuttle, che rimase fermo per due anni. A distanza di 26 anni dall’incidente, è da poco saltato fuori un nuovo video che mostra le fasi principali dell’incidente. Fu girato con una videocamera amatoriale da Bob Karman mentre si trovava in uno dei terminal dell’aeroporto di Orlando, a circa 80 chilometri di distanza dall’area di lancio dello Shuttle. Era di ritorno con la propria famiglia da Disney World. La figlia, che all’epoca aveva tre anni, oggi lavora per il New Scientist e ha permesso alla testata di pubblicare il video, rimasto inedito fino a ora.
Karman si ricordava di aver filmato l’incidente, ma non sapeva più dove fosse finita la videocassetta con le immagini. Nel febbraio del 2010 il Courier Journal di Louisville (Kentucky) aveva pubblicato un altro filmato amatoriale dell’incidente, realizzato da Jack R. Moss tra le abitazioni di un’area residenziale di Winter Haven. Il video fu reso pubblico pochi giorni prima della morte di Moss, che decise di donarlo allo Space Exploration Archive, una organizzazione non-profit di Louisville.
L’Atlantic ha messo insieme gli spettacolari video ad alta definizione della NASA girati lassù, sulla Stazione Spaziale Internazionale a 350 chilometri dal suolo.
Nella mia personalissima lista di cose da fare prima di schiattare c’era anche: vedere dal vivo un lancio dello Shuttle da Cape Canaveral. Ma la NASA si è messa di traverso e venerdì scorso ha lanciato in orbita per l’ultima volta l’Atlantis, mettendo l’ultimo sigillo sul Programma Shuttle.
Questi due qui sotto, sono padre e figlio, hanno deciso di farmelo pesare pubblicando due fotografie che dimostrano la loro presenza al primo e ultimo lancio dello Shuttle.
Ieri sul Post mi sono occupato dell’ultima missione del programma Shuttle che, tempo atmosferico permettendo, inizierà venerdì con il lancio dell’Atlantis. Analisti, astrofisici, economisti, politici e semplici appassionati in questi mesi si sono chiesti quale futuro ci sarà per gli Stati Uniti nel campo delle esplorazioni spaziali con esseri umani.
L’idea, per ora poco chiara e molto confusa, è quella di delegare il trasporto degli astronauti e dei materiali in orbita a ditte private, consentendo alla NASA di concentrarsi su nuove ricerche e sperimentazioni. (Tranquilli, il pallino di andare un giorno su Marte ce l’hanno ancora, i soldi per ora proprio no.) In attesa di avere le idee più chiare, si fanno coraggio così.
Adam Winnik studia Arti applicate e design allo Sheridan College, in Canada, e per la sua tesi finale ha deciso di illustrare un estratto del libro Pale Blue Dot del divulgatore scientifico Carl Sagan. Il “piccolo puntino azzurro” cui fanno riferimento il titolo del libro e l’animazione di Winnik è il nostro Pianeta fotografato venti anni fa a grande distanza da una sonda spaziale.
Nel 1990 Sagan propose alla NASA di far scattare una fotografia della Terra dalla sonda Voyager 1 che si trovava a circa sei miliardi di chilometri di distanza e in viaggio verso i confini del Sistema Solare. La foto, votata come una delle 10 migliori immagini scientifiche dello spazio di tutti i tempi, mostra un minuscolo punto azzurro nel buio del cosmo, la nostra casa. Quell’immagine così suggestiva ispirò profondamente Sagan e lo spinse a scrivere una serie di interessanti riflessioni sulla nostra esistenza su quel piccolo punto solitario nello spazio.
Winnik ha così selezionato uno dei passaggi più celebri del libro, letto direttamente da Sagan in un vecchio reading, ci ha aggiunto una colonna sonora di Hans Zimmer, che non guasta mai, e ha poi creato l’animazione.
From this distant vantage point, the Earth might not seem of any particular interest. But for us, it’s different. Consider again that dot. That’s here. That’s home. That’s us. On it everyone you love, everyone you know, everyone you ever heard of, every human being who ever was, lived out their lives. The aggregate of our joy and suffering, thousands of confident religions, ideologies, and economic doctrines, every hunter and forager, every hero and coward, every creator and destroyer of civilization, ever king and peasant, every young couple in love, every mother and father, hopeful child, inventor and explorer, every teacher of morals, every corrupt politician, every “superstar”, every “supreme leader”, every saint and sinner in the history of our species lived there — on a mote of dust suspended in a sunbeam.
The Earth is a very small stage in a vast cosmic arena. Think of the rivers of blood spilled by all those generals and emperors so that, in glory and triumph, they could become momentary masters of a fraction of a dot. Think of the endless cruelties visited by the inhabitants of one corner of this pixel on the scarcely distinguishable inhabitants of some other corner, how frequent their misunderstandings, how eager they are to kill one another, how fervent their hatreds.
Our posturings, our imagined self-importance, the delusion that we have some privileged position in the Universe, are challenged by this point of pale light. Our planet is a lonely speck in the great enveloping cosmic dark. In our obscurity, in all this vastness, there is no hint that help will come from elsewhere to save us from ourselves.
The Earth is the only world known so far to harbor life. There is nowhere else, at least in the near future, to which our species could migrate. Visit, yes. Settle, not yet. Like it or not, for the moment the Earth is where we make our stand.
It has been said that astronomy is a humbling and character-building experience. There is perhaps no better demonstration of the folly of human conceits than this distant image of our tiny world. To me, it underscores our responsibility to deal more kindly with one another, and to preserve and cherish the pale blue dot, the only home we’ve ever known.
Quello che vedete nell’immagine è il sorprendente ritratto della perfida Albione sottozero realizzato dal Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) del satellite Terra della NASA.
credit: Jeff Schmaltz, MODIS Rapid Response Team, Goddard Space Flight
Lo scatto è il frutto di una osservazione compiuta lo scorso 7 gennaio e illustra chiaramente il tempo poco clemente che ha colpito la Gran Bretagna negli ultimi giorni. La neve copre buona parte dell’isola dalla costa occidentale a quella orientale.
La presenza di alcune nubi – che dallo spazio risultano bianche e candide come uno strato nevoso – rende ancora più impressionante l’aspetto della congelata patria di Sua Maestà. Si portino le regali babbucce e una damigiana di gin.